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Pesce e legumi per posticipare di tre anni la menopausa

Un apporto di nutrienti provenienti da pesce e legumi contribuirebbe a posticipare fino a tre anni l’insorgere della menopausa. E’ questo in sintesi il risultato di uno studio condotto da Yashvee Dunneram e Janet Cade dell’Università di Leeds, in Gran Bretagna, e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Epidemiology & Community Health. Lo studio confermerebbe anche l’ipotesi che un’alimentazione molto ricca di pasta e riso, e, più in generale, carboidrati raffinati, potrebbe anticipare il momento della menopausa.
Le donne partecipanti allo studio hanno fornito ai ricercatori dettagli relativi al loro stile di vita, all’attività fisica, al fumo, al numero di figli, ed altri fattori rilevanti che influenzano l’età della menopausa, come ad esempio, andare a letto presto. Le partecipanti hanno successivamente compilato un questionario al fine di stabilire le modalità di consumo di un totale di 220 cibi.
Ebbene, lo studio ha rivelato che coloro che assumevano porzioni giornaliere in più di carboidrati (pari a 210 grammi al giorno) erano collegate al raggiungimento della menopausa 1,5 anni prima in media. Coloro che consumavano una porzione in più al giorno di pesce grasso come il salmone e legumi freschi, tra cui piselli e fagioli, avevano un ritardo della menopausa di oltre tre anni rispetto la media. Anche la presenza di elevati livelli di vitamina B6, contenuta in farine integrali, avocado, banane, nocciole, germe di grano e zinco, presente nel pesce e nella carne, in germe di grano e avena, nei legumi, nella frutta secca e nei semi di zucca, sesamo e girasole, erano associati ad un posticipo della menopausa. Mangiare carne è stato associato al ritardo di quasi un anno della menopausa rispetto alla dieta vegetariana. Infine, il consumo di snack è stato associato ad un anticipo della menopausa di quasi 2 anni prima.

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Rischio di fratture, fare sport dopo i 60 anni si riduce incidenza

Secondo uno studio guidato dalla Deakin University’s Epi-Centre for Healthy Ageing, in Australia, pubblicato su Archives of Osteoporosis, praticare sport dopo i 60 andrebbe a benefico della riduzione delle fratture. Gli uomini attivi tra i 60 e i 96 anni, infatti, seguiti per circa sei anni, hanno mostrato di avere minori probabilità di andare incontro a qualsiasi frattura ma anche alla riduzione della problematica dell’osteoporosi. Nello studio era stato preso in esame un campione di 656 uomini, che praticava regolarmente sport come bocce, pesca, golf, corsa, squash, nuoto, vela, tennis, bowling e ping pong.
Le motivazioni principali sembrerebbero esser ricondotte al fatto che lo sport mantiene le persone attive ed in forma, migliorando quindi la forza muscolare, ma anche la capacità di mantenere l’equilibrio. Attitudine che a quanto pare inciderebbe sul controllo della posizione e quindi sulla riduzione delle cadute, cadute che spesso, in età avanzata, contribuiscono al fenomeno delle fratture.

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Il cioccolato fondente? Anti-infiammatorio e antistress

Buone notizie per i golosi e per gli amanti del cioccolato fondente, i ricercatori della Loma Linda University hanno confermato che mangiarne una discreta quantità ad altra concentrazione di cacao (almeno del 70%), può avere riscontri positivi sui livelli di stress e dell’umore, sulla memoria e sulle infiammazioni.
Lo studio, presentato all’Experimental Biology di San Diego prende in considerazione il cioccolato con un minimo del 70% di cacao e 30% di zucchero di canna biologico.
Ebbene, dopo anni di osservazione, i ricercatori hanno confermato che maggiore è la concentrazione di cacao utilizzato, maggiore è l’impatto su attività cognitive, memoria, umore e sistema immunitario.
Gli effetti sopra citati vanno ad aggiungersi alle già note proprietà del cacao, anti-ossidanti ed anti infiammatorie, attività prevalentemente dovute all’azione dei flavonoidi del cacao. Il consumo di cacao sembrerebbe ancora una volta quindi premiato, a causa dell’azione sui geni nella percezione sensoriale, sviluppando un’iper-plasticità cerebrale, migliorando quindi l’elaborazione cognitiva, l’apprendimento e la memoria.

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Pollini e riniti allergiche, i consigli per ridurre i sintomi delle allergie

Per i soggetti allergici alla fioritura delle piante e fiori inizia il periodo del cosiddetto “raffreddore da fieno”, costituito da tanti starnuti e rinite allergica.
L’Associazione Nazionale farmaci di automedicazione, che fa parte di Federchimica, anche quest’anno ha pubblicato un vademecum su come affrontare l’arrivo della primavera e tenere a bada i sintomi fastidiosi legati all’insorgere delle riniti allergiche da pollini.
Grazie al consiglio del farmacista di fiducia e del medico di famiglia è possibile ricorrere in aiuto al controllo dei sintomi allergici più comuni mediante i farmaci senza obbligo di prescrizione, come antistaminici, antiallergici, decongestionanti, vasocostrittori e corticosteroidi.
E’ possibile tuttavia fare prevenzione? E’ inutile dire che il primo atteggiamento importante, anche se non libera dalla morsa dell’allergia, è quello di limitare l’esposizione a carichi allergenici impattanti. Fatto questo, Assosalute consiglia delle semplici regole per gestire al meglio la sintomatologia e minimizzare l’impatto sulla vita quotidiana. Vediamo quali.
Durante l’impollinazione, evitare di praticare attività sportive in prossimità di aree verdi e ricordare che le concentrazioni dei pollini sono maggiori nelle ore centrali, nelle giornate secche, ventose e calde.
Tenere i finestrini chiusi dell’auto in modo da non far penetrare i pollini nell’abitacolo.
Indossare occhiali scuri all’aperto: la luce del sole infatti potrebbe aumentare il fastidio associato ai sintomi oculari.
Non uscire subito dopo un temporale: l’acqua rompe i granuli pollinici in frammenti più piccoli che raggiungono facilmente le vie aeree.
Non fumare: il fumo irrita ulteriormente le mucose di naso e occhi.
Respirare attraverso il naso che ha la capacità di filtrare l’aria in entrata, oppure, indossare una maschera antipolvere effettuando spesso lavaggi nasali.
Cambiare l’aria di casa la mattina presto o la sera tardi, quando la concentrazione pollinica è più bassa, non nelle ore centrali della giornata.
Fare la doccia e lavare i capelli quotidianamente: i granuli pollinici possono restare intrappolati tra i capelli e la notte possono depositarsi sul cuscino ed essere inalati.
Cambiare le scarpe quando si rientra a casa e riporle all’aperto o in un armadio, in modo da non trasportare dentro i pollini accumulati e le particelle allergizzanti.
Limitare l’utilizzo dell’aspirapolvere che può sollevare le particelle allergizzanti.
Lavare spesso il pavimento e cambiare le federe dei cuscini con una maggiore frequenza.
Infine è sempre bene osservare una corretta conservazione dei farmaci, evitare forti sbalzi di temperatura ed non tenerli mai in un posto umido, sempre lontani dalla portata dei bambini.

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Ambiente e salute, sistema immunitario influenzato da fattori esterni

Il deterioramento delle difese immunitarie potrebbe alla lunga dipendere da fattori ambientali, più che i fattori genetici, come dieta, attività fisica, inquinanti e microbi. Questa in sostanza è la conclusione emersa da un recente studio portato a termine dall’Università di Stanford e pubblicato sulla rivista scientifica Cell.
Grazie ad una sofisticata operazione di “etichettatura” resa possibile dall’implementazione di una tecnica innovativa chiamata “citometria di massa”, che consente di “taggare” le cellule con una sorta di codice a barre al fine di identificarle, gli autori dello studio hanno analizzato le proteine di milioni di cellule del sistema immunitario. Come comunicato all’ANSA dal direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano, per completare lo studio sono state utilizzate anche tecnologie legate all’intelligenza artificiale, resesi necessarie a causa della grande quantità di cellule immunitarie presenti nel sistema immunitario.
Ebbene, nel corso dello studio i ricercatori si sono resi conto che le cellule immunitarie mutavano con l’avanzare dell’età degli individui e ciò che è emerso è che i processi infiammatori presenti nel nostro organismo sono fortemente influenzati dalle variazioni dovute all’ambiente, tra cui appunto durata e qualità della vita, con riferimento non tanto ai fattori genetici, quanto a elementi fondamentali come dieta, attività fisica, agenti inquinanti e microbi.