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Antibiotico-resistenza, SIN: il 40% dei decessi neonatali dovuto ad infezioni

Si è conclusa il 18 novembre 2018 la settimana mondiale degli antibiotici, evento mondiale con l’obiettivo di diffondere la consapevolezza che un eccessivo uso di antibiotici porta un danno non solo in termini di sviluppo di antibiotico-resistenza ma anche in termini di vite umane.
L’antibiotico-resistenza infatti è il problema che consegue all’uso eccessivo, inappropriato ed indiscriminato degli antibiotici, rendendo sempre più difficile la lotta alle infezioni, a causa dello sviluppo, da parte dei batteri, di meccanismi di difesa che portano ad un’inutilità via via maggiore dei farmaci utilizzati. Inutilità che si traduce nel dover utilizzare antibiotici sempre più forti, anche per la cura di infezioni che un tempo richiedevano un uso limitato di famaci.
A causa del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, ogni anno muoiono in Europa 30.000 persone, inoltre, nei prossimi 20 anni, secondo quanto riferito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS, essa diventerà la prima causa di morte, superando quella dei tumori. L’Italia è al quinto posto in Europa per morti a causa dell’antibiotico-resistenza. Un terzo di queste, circa 10.000, avvengono sul territorio nazionale, non solo a causa di resistenza dovuta alla somministrazione diretta di tali farmaci, ma anche a causa dell’eccessivo quantitativo di antimicrobici utilizzati negli animali per la produzione di carni per uso alimentare.
A sottolineare l’importanza del fenomeno dell’antibiotico-resistenza è la Società Italiana di Neonatologia (SIN), secondo cui «far fronte alla diffusione dei batteri antibiotico-resistenti è oggi una priorità assoluta che deve coinvolgere tutti: i sanitari, che gli antibiotici li prescrivono ma anche il cittadino comune, che li assume spesso come automedicazione». In sostanza, spiega la Società, «ci troviamo di fronte ad una minaccia grave per la salute mondiale».
Anche in ambito neonatale, il problema non è da meno, la Società spiega infatti che «i neonati sono biologicamente suscettibili alle infezioni perché l’immaturità del loro sistema immunitario li rende vulnerabili all’attacco di batteri: il 40% dei tre milioni di decessi neonatali ogni anno nel mondo è dovuto a infezioni». Ulteriori complicazioni emergono se il neonato nasce prima del termine previsto, in tal caso, spiega la SIN, «i neonati pretermine associano alla immaturità biologica la necessità di procedure e terapie molto invasive, che favoriscono l’ingresso di germi responsabili di infezioni ospedaliere generalizzate, molto gravi». Ne consegue che nei reparti ospedalieri delle Terapie Intensive Neonatali, quindi, «l’impiego di antibiotici come terapia o come prevenzione è abituale, per salvare la vita del neonato».
La Società Italiana di Neonatologia spiega che, sebbene in Italia vi sia una tendenza all’aumento dell’antibiotico-resistenza, essa può essere invertita «creando una complicità fra Strutture e Organizzazioni volte alla cura dei pazienti». In tal senso, conclude la Sin, diventa prioritario curare  le malattie infettive, ma allo stesso tempo, «proteggere le popolazioni più vulnerabili, come quella neonatale, dai danni derivanti dall’emergenza di ceppi batterici sempre più resistenti».

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Trovata plastica anche nelle zanzare. Ed è un serio problema per tutti

Le microplastiche sono ormai state rilevate ovunque, dai ghiacciai dell’Artico alle terre agricole tedesche, ma potrebbero già aver inquinato anche gli ecosistemi aerei. A rivelarlo è un nuovo studio inglese sulle zanzare pubblicato sulla rivista Biology Letters.
I ricercatori dell’Università di Reading hanno infatti scoperto che le minuscole schegge di plastica ingerite dalle larve di zanzara negli stagni, rimangono nei loro corpi anche una volta che queste maturano in adulti alati e lasciano l’acqua. Questa scoperta ha delle implicazioni potenzialmente enormi, visto che le zanzare adulte sono cibo per uccelli, pipistrelli e insetti più grandi, e grazie alla catena alimentare diventano veicoli per l’ascesa della plastica nell’aria. La plastica occupa da tempo un posto di primo piano nell’agenda ambientale, e gli scienziati stanno studiando l’impatto che essa ha sulla salute degli animali acquatici, ma mentre le balene che soffocano tra grossi pezzi di plastica sono le vittime più ovvie, un attento esame ha rilevato che anche plancton, cozze e pesci stanno consumando grandi volumi di microplastiche, quelle microsfere che si trovano, ad esempio, in dentifrici, scrub facciali e gel doccia, e che Paesi come Stati Uniti e Regno Unito hanno già bandito. Le microplastiche (MP) sono inquinanti ubiquitari presenti negli ecosistemi marini, d’acqua dolce e terrestri. Esse vengono ingerite dagli organismi acquatici e possono essere trasferiti attraverso la catena alimentare sia in acque dolci che in ambienti marini. Nonostante il fenomeno sia una delle maggiori preoccupazioni ambientali a livello globale, la maggior parte della ricerca si concentra su sistemi e organismi marini, trascurando l’impatto che esso ha sugli ecosistemi di acqua dolce, eppure le MP attraversano gli ambienti terrestri, confluendo nelle acque reflue domestiche, e i fiumi possono successivamente consegnarle non solo al mare ma anche a laghi e stagni abitati da insetti che trascorrono i loro stadi giovanili nell’acqua e le fasi adulte nell’ambiente terrestre. Già ricerche precedenti avevano dimostrato che le larve di zanzara – creature a forma di tubo che vivono sulla superficie dell’acqua e filtrano le particelle di cui si nutrono – sono in grado di ingerire microscopici frammenti di plastica, ma fino ad oggi nessuno studio aveva preso in esame la possibilità che le microplastiche potessero essere trasmesse per mezzo di transfert ontogenico, cioè tra stadi di vita che utilizzano habitat diversi. I ricercatori inglesi, invece, sono riusciti a determinare che le sfere di polistirene fluorescente più piccole possono trasferirsi ontogenicamente tra le fasi di vita della zanzara Culex, fino allo stadio di vita terrestre dell’adulto. Il trasferimento di microplastiche negli adulti rappresenta un potenziale percorso aereo verso la contaminazione di nuovi ambienti, attraverso qualsiasi organismo che si nutra di fasi terrestri di vita degli insetti d’acqua dolce come efemere, libellule, moscerini e zanzare, la maggior parte dei quali sono mangiati dai vertebrati terrestri, inclusi gli uccelli.
‹‹Il nostro studio rappresenta una dimostrazione del concetto in laboratorio, ma non vi è dubbio che questo avvenga anche in natura. Uno dei prossimi passi sarà quello di campionare i laghi inquinati da plastica e frequentati da zanzare, per misurare l’ampiezza del fenomeno››, ha spiegato la dottoressa Amanda Callaghan, a capo del team di ricerca, all’Independent, sottolineando, inoltre, che seppure questo studio si concentra sulla zanzara Culex, la scoperta può essere applicata a tutti gli insetti volanti che hanno fasi sottomarine del ciclo di vita: ‹‹L’implicazione è che puoi avere plastica sul fondo dello stagno che ora sta salendo in aria e viene mangiata da ragni, pipistrelli e animali che normalmente non avrebbero accesso a quella plastica. Potrebbe esserci una libellula, ad esempio, che mangia zanzare mentre stanno emergendo, e se un uccello mangia la libellula questo potrebbe ingerire una quantità di plastica ancora più grande››.

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Dichiarazione redditi precompilata, le istruzioni per opporsi al trattamento dei dati

L’Agenzia delle entrate ha reso noto di aver pubblicato il modello che consente al contribuente di opporsi al trattamento dei dati delle spese sanitarie relative ai rimborsi del 2018. Secondo quanto spiega l’Agenzia, «l’opposizione all’esposizione delle spese sanitarie e dei relativi rimborsi erogati rappresenta una delle misure previste, in accordo con il Garante per la protezione dei dati personali, per tutelare la riservatezza di informazioni delicate, come quelle sulla salute della persona». «Per questo – aggiunge -, possono esprimere il proprio dissenso alla trasmissione dei dati tutti i cittadini che abbiano compiuto almeno 16 anni di età (in caso contrario, può farlo il tutore o rappresentante legale), anche se fiscalmente a carico. In quest’ultima ipotesi, le spese per cui è stato negato l’utilizzo non compariranno nella dichiarazione di chi ha a carico la persona». In ogni caso, «i dati “bloccati” non compariranno nella precompilata, ma potranno ugualmente essere inseriti dal contribuente in sede di modifica/integrazione del modello, prima dell’invio definitivo della dichiarazione dei redditi».

I moduli, scaricabili online direttamente dal sito dell’Agenzia, nella versione integrale (link esterno) e in versione editabile (link esterno), potranno essere utilizzati attraverso due modalità.

La prima modalità prevede la comunicazione diretta all’Agenzia delle entrate, dei «tipi di spesa da escludere, i dati anagrafici (nome e cognome, luogo e data di nascita), il codice fiscale, il numero della tessera sanitaria e la relativa data di scadenza» e potrà essere utilizzata fino all’8 febbraio 2019. La seconda modalità, invece, potrà avvenire attraverso l’accesso «all’area autenticata del sito web dedicato del Sistema tessera sanitaria, tramite tessera sanitaria Ts­Cns oppure utilizzando le credenziali Fisconline rilasciate dall’Agenzia. Attraverso tale modalità, è possibile consultare l’elenco delle spese sanitarie e selezionare le singole voci per le quali esprimere la propria opposizione all’invio dei relativi dati». Quest’ultima modalità potrà essere utilizzata dal contribuente dall’8 febbraio al 9 marzo 2019.
L’Agenzia ricorda inoltre che «nell’ipotesi di comunicazione diretta, è possibile consegnare a un qualsiasi ufficio territoriale delle Entrate l’apposito modello compilato, accompagnato dalla copia di un documento d’identità, ma anche inviare una email all’indirizzo opposizioneutilizzospesesanitarie@agenziaentrate.it, o ancora telefonare a un Centro di assistenza multicanale (numero verde 800909696, 0696668907 da cellulare, +39 0696668933 dall’estero). Negli ultimi due casi, dove non è previsto l’utilizzo del modello, il cittadino dovrà fornire le medesime informazioni richieste dallo stesso modello, più il tipo di documento di identità, con relativi numero e data di scadenza».

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Idroclorotiazide, AIFA: «Rischio di tumori cutanei non melanoma»

I medicinali a base di idroclorotiazide sono ampiamente utilizzati per il trattamento dell’ipertensione, dell’edema cardiaco, epatico e nefrogeno, ma anche come terapia dell’insufficienza cardiaca cronica.
Una nota informativa importante diramata dall’Agenzia Italiana del Farmaco, in accordo con le autorità europee, ha informato del possibile rischio di tumori cutanei non melanoma, con particolare riferimento al carcinoma a cellule basali, carcinoma a cellule squamose. La nota, concordata tra i titolari dei prodotti contenenti idroclorotiazide, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), riveste particolare importanza soprattutto per l’ampio uso che si fa del principio attivo idroclorotiazide, somministrato da solo o in associazione con altre molecole.
L’Aifa ha sottolineato che «studi farmacoepidemiologici hanno evidenziato un aumento del rischio di tumore cutaneo non melanoma (TCNM) (carcinoma a cellule basali, carcinoma a cellule squamose) con esposizione a dosi cumulative crescenti di idroclorotiazide (HCTZ)». Per questo motivo, spiega la nota, «i pazienti che assumono idroclorotiazide (HCTZ) da sola o in associazione con altri farmaci devono essere informati del rischio di tumore cutaneo non melanoma (TCNM) e devono essere avvisati di controllare regolarmente la loro cute per identificare eventuali nuove lesioni o modifiche di quelle esistenti e a segnalare al medico ogni lesione cutanea sospetta». In tal senso, «le lesioni cutanee sospette devono essere esaminate includendo possibilmente esami istologici di biopsie». L’Aifa ha informato inoltre che «i pazienti devono essere avvertiti di limitare l’esposizione alla luce solare e ai raggi UV e utilizzare una protezione adeguata quando esposti alla luce solare e ai raggi UV, per ridurre al minimo il rischio di cancro della pelle». Infine, «l’uso di idroclorotiazide (HCTZ) deve essere attentamente valutato in pazienti che hanno avuto un precedente tumore della cute».
Sebbene a primo impatto potrebbe sembrare un’informazione molto tecnica e riservata solo agli operatori del settore, è bene dare massima visibilità a questo comunicato, per il grande utilizzo che si fa dell’idroclorotiazide. Qualora la terminologia utilizzata in questo articolo fosse molto tecnica e/o incomprensibile, è possibile rivolgersi al proprio medico curane, allo specialista di riferimento, o al proprio farmacista di fiducia, che sarà sempre disponibile a fornire ulteriori delucidazioni in merito.
E’ possibile inoltre visualizzare la nota integrale pubblicata sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco, al link http://www.aifa.gov.it/sites/default/files/NII_Idroclorotiazide_17.10.2018.pdf.

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Studio conferma: «I trattamenti alternativi per il cancro riducono la sopravvivenza»

Una diagnosi di cancro, persino di un tumore precocemente diagnosticato e curabile, può spingere i pazienti che sentono improvvisamente di aver perso il controllo del proprio futuro ad affidarsi ai consigli di Internet o di parenti e amici che raccontato di guarigioni miracolose grazie rimedi alternativi che pretendono di risparmiare loro trattamenti antitumorali consolidati come la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia. Ad affrontare il problema sempre più diffuso e a fare chiarezza sulla differenza tra medicina alternativa e medicina complementare o integrativa, è il New York Times, partendo da un recente studio condotto dai ricercatori della Yale School of Medicine e pubblicato sul Journal of National Cancer Institute.
Il blog di una clinica che si occupa di medicina oncologica integrativa, Integrative Cancer Answers, afferma che ben l’83% dei pazienti oncologici sceglie di utilizzare una o più forme di medicina alternativa, che vanno dall’agopuntura alle erbe e alle vitamine e allo yoga, più spesso in combinazione con terapie clinicamente testate. Tuttavia, un piccolo ma significativo numero di pazienti oncologici rifiuta i trattamenti offerti dagli oncologi tradizionali e cerca invece rimedi alternativi che possono sembrare miracolosi ma non hanno il supporto di ricerche scientificamente valide. Le loro motivazioni vanno dal desiderio di sentirsi responsabilizzati prendendo le proprie decisioni terapeutiche all’evitare effetti collaterali tossici, selezionando rimedi che considerano innocui, ma che in realtà potrebbero tramutarsi in una sentenza di morte che avrebbe potuto essere evitata.
A dimostrarlo è uno studio dei ricercatori della Yale School of Medicine è condotto su 281 pazienti con tumori potenzialmente curabili a mammella, polmone, colon-retto o prostata che non si erano ancora diffusi oltre il loro sito di origine. I risultati hanno rivelato che l’uso di medicine alternative in sostituzione dei trattamenti convenzionali per il cancro hanno portato a un tasso di mortalità generale due volte e mezzo superiore a quello riscontrato dai pazienti che hanno ricevuto terapie standard.
Tra le donne con tumore al seno, la scelta di rimedi alternativi ha comportato un aumento di quasi sei volte della possibilità di morire durante un periodo di follow-up medio di cinque anni e mezzo. Per i pazienti con tumore del colon o del retto che hanno scelto trattamenti alternativi, il tasso di mortalità era quattro volte e mezzo più alto. E per quelli con cancro ai polmoni, il tasso era due volte più alto. Solo gli uomini con cancro alla prostata che hanno rifiutato i trattamenti standard non hanno riscontrato differenze nel rischio di morte durante il periodo di follow-up, un risultato, hanno suggerito i ricercatori, che molto probabilmente riflette la crescita lenta tipica del cancro alla prostata.
Il team di ricerca, guidato dal radioterapista Skyler B. Johnson, ha sottolineato la differenza tra la medicina alternativa, definita dagli autori come “una terapia non provata che è stata somministrata al posto del trattamento convenzionale”, e i trattamenti complementari o integrativi, che sono usati come aggiunte o complementi alla cura standard. La “medicina integrativa” si riferisce a un approccio combinato di rimedi stabiliti dal medico con una o più pratiche utilizzate nella medicina complementare e alternativa, che si sono dimostrate sicure ed efficaci. La “medicina complementare”, d’altra parte, comporta meno rischi, poiché viene usata insieme ai rimedi standard, il più delle volte per ridurre gli effetti collaterali del trattamento e migliorare le sensazioni di benessere, dunque se scelte correttamente, le terapie complementari non dovrebbero interferire con i benefici dei trattamenti convenzionali.
Troppo spesso, invece, l’uso della “medicina alternativa” al posto di trattamenti medici convenzionali, ritarda l’uso di rimedi di comprovata efficacia e dà tempo ad un cancro curabile di crescere, diffondersi e alla fine diventare letale. Tuttavia, non tutti i trattamenti complementari che i pazienti usano sono sicuri, infatti alcuni possono interferire con l’efficacia dei rimedi stabiliti o causare reazioni avverse se combinati con essi. Questo è più probabile che accada quando i pazienti li usano senza prima discutere le loro intenzioni con il proprio oncologo, a confermarlo è l’American Cancer Society, che sollecita i pazienti ad avvertire i loro medici se stanno prendendo in considerazione un rimedio complementare, per assicurarsi che non interferisca con il loro regolare trattamento. I pazienti sono altresì invitati a fare una lista completa di tutti gli integratori alimentari che stanno assumendo o hanno intenzione di assumere così da consentire al proprio medico di identificare prodotti potenzialmente fraudolenti o pericolosi. E a proposito di metodi alternativi da utilizzare rigorosamente come complemento e non in sostituzione del trattamento convenzionale contro il cancro, la Mayo Clinic suggerisce 10 opzioni sicure che possono aiutare i pazienti oncologici a far fronte a segni e sintomi come ansia, affaticamento, nausea e vomito, dolore, insonnia e stress: – L’agopuntura può aiutare ad alleviare la nausea e il dolore – L’aromaterapia può anche aiutare ad alleviare la nausea, il dolore e lo stress, ma i pazienti sono avvertiti di non usare grandi quantità di olio di lavanda e olio dell’albero del tè sulla loro pelle.
– L’esercizio fisico può alleviare la fatica e lo stress e migliorare il sonno.
– L’ipnosi può controllare il dolore e ridurre lo stress.
– Il massaggio può alleviare il dolore e può anche ridurre l’ansia, l’affaticamento e lo stress, anche se potrebbe non essere sicuro per i pazienti con basso numero di globuli rossi.
– La meditazione può alleviare l’ansia e lo stress.
– La musicoterapia ha dimostrato di alleviare il dolore e controllare la nausea e il vomito.
– Tecniche come il rilassamento muscolare progressivo possono migliorare il sonno e alleviare l’ansia e la stanchezza.
– Il Tai Chi, purché si evitino movimenti che causano dolore, può alleviare lo stress e migliorare la forza e l’equilibrio.
– Lo yoga può anche ridurre lo stress e l’affaticamento e migliorare il sonno.