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Donare il sangue: ci sono rischi per la salute?

Donare il sangue è una scelta volontaria e gratuita, un gesto di profonda solidarietà verso il prossimo, un vero e proprio salvavita naturale. Aver compiuto 18 anni, pesare almeno 50 Kg e godere di buona salute sono le condizioni indispensabili per diventare donatori. Chi non può donare il sangue? Alcune categorie di persone sono escluse in modo permanente oppure temporanea dalla facoltà di donare il proprio sangue. Sono soggetti ad esclusione permanente coloro i quali sono affetti da malattie autoimmuni, malattie cardiovascolari, patologie del sistema nervoso centrale, tumori, diabete insulino, alcune malattie infettive come l’epatite B, l’epatite C, l’AIDS, ecc. Anche chi è affetto da dipendenze da alcool e droga non può donare, così come chi adotta abitualmente comportamenti sessuali non protetti e a rischio di trasmissione di malattie infettive.

Sospensione temporanea dalla donazione di sangue.

Sono invece soggetti ad esclusione temporanea dalla donazione di sangue coloro che sono affetti da tubercolosi e toxoplasmosi, chi è stato casualmente esposto a contaminazione, chi ha effettuato da poco una trasfusione di sangue, chi ha avuto un trapianto di tessuti o di cellule o ha subito un intervento chirurgico complesso. Parimenti, sono sospesi dalla donazione di sangue chi ha piercieng, tatuaggi, ha avuto rapporti sessuali occasionali a rischio, chi ha la pressione arteriosa troppo bassa o troppo alta oppure valori del ferro troppo bassi al momento della vista pre-donazione.

È rischioso donare il sangue?.

Un adulto in buona salute non rischia nulla donando il sangue. La quantità di sangue donata ad ogni prelievo è molto bassa (450 cm³ +/-10%). L’intervallo di tempo tra una donazione e l’altra è di almeno 90 giorni. Un uomo può donare sangue non più di 4 volte all’anno, una donna in età fertile non più di 2. Sono previste visite di controllo periodiche prima di ogni donazione, a tutela della salute del donatore e di chi riceverà il sangue che ha donato.

Esistono controindicazioni per le donne?.

Non esistono effetti collaterali per le donne che donano il sangue. Il limite massimo delle donazioni che possono fare è già stabilito per legge a 2 volte l’anno, proprio in virtù delle perdite dovute al ciclo mestruale nelle donne in età fertile. Gli esami effettuati prima di ogni donazione garantiscono le donatrici sul loro stesso stato di salute.

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Cancro alla prostata: ridurre il rischio abbassando il colesterolo

La prima terapia da seguire per abbassare alti livelli di colesterolo è una dieta mirata, vale a dire un regime alimentare equilibrato, sano, povero di carni lavorate e di formaggi stagionati, ricco di vegetali (verdure, legumi), frutta (fresca e secca) e pesce azzurro. A ciò va aggiunto un cambiamento nello stile di vita, da sedentario ad attivo, e l’eliminazione di alcool e fumo dalla propria quotidianità. L’obiettivo primario è diminuire i grassi saturi, ovvero quelli più difficili da metabolizzare dall’organismo e tendenti ad accumularsi nel sangue, causando un aumento del colesterolo.

Colesterolo e cancro alla prostata.

Seguire una dieta bilanciata per moderare i livelli di colesterolo aiuta non soltanto a proteggersi da malattie cardiovascolari ma, nell’uomo, anche ad assottigliare la probabilità di sviluppare un tumore alla prostata. A dimostrarlo un recente studio italiano i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Food & Function. Studi precedenti avevano già evidenziato come gli uomini che seguono un’alimentazione ricca di grassi saturi e di cibi di origine animale siano soggetti più facilmente a sviluppare un cancro alla prostata.

Che cos’è il tumore alla prostata.

Il tumore alla prostata si forma quando le cellule di questa ghiandola dell’apparato genitale maschile cominciano a crescere in modo esponenziale. In Italia il cancro alla prostata è il più diffuso tra gli uomini: rappresenta il 18,5% di tutti i tumori diagnosticati nella popolazione maschile. Ciononostante, difficilmente la malattia porta il paziente alla morte, specie quando si interviene tempestivamente o, meglio ancora, si previene con i giusti accorgimenti (alimentazione, stile di vita). I principali fattori di rischio sono: l’età avanzata (> 65 anni), la familiarità (presenza nell’albero genealogico di parenti che lo hanno avuto), mutazioni genetiche, dieta e stile di vita.

L’importanza di una dieta ricca di fibre.

In questo studio i ricercatori italiani hanno testato la capacità dei partecipanti di seguire una dieta ricca di fibre e povera di grassi saturi, per poi analizzare l’associazione tra dieta e insorgenza del cancro alla prostata. I risultati ottenuti dimostrano che maggiore era stata l’aderenza alla dieta assegnata, minore sarebbe stato il rischio di ammalarsi di cancro alla prostata. L’adesione a un regime alimentare a base vegetale è quindi una misura molto utile per evitare il manifestarsi di un tumore alla prostata. Simili dati scientifici non fanno che rafforzare la validità di tutte quelle linee guida nutrizionali che promuovono la riduzione del colesterolo nel sangue attraverso un aumento del consumo di frutta e verdura e una parallela diminuzione del consumo di carni e grassi saturi.

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Cambio di stagione, i rimedi per prevenire i malesseri autunnali

Sono noti a tutti i problemi di salute tipici del passaggio dalla stagione calda a quella fredda, eppure ogni anno si arriva spesso impreparati. Questo accade per varie ragioni, ma nell’ultimo decennio, un grosso contributo all’insorgere improvviso dei disturbi stagionali è dato da un cambio sempre più improvviso di clima e di temperature, al punto da non lasciare il tempo nemmeno di riorganizzare l’abbigliamento. Così, oltre che per la debolezza generata dal ritorno alle attività quotidiane dopo le vacanze estive e dal cambio di stagione, talvolta ci si ammala anche per una giornata di freddo imprevista nella quale siamo ancora vestiti con abiti leggeri. In questi casi, se le difese immunitarie non sono abbastanza alte, arrivano i primi raffreddori, le prime febbri, i mal di gola e la tosse. Questi malanni, per lo più caratterizzati da sintomi respiratori, tendono anche a diffondersi per contagio. È quindi probabile che la vicinanza di persone raffreddate ad altre sane possa contagiare queste ultime, per cui le malattie si diffondono facilmente.

Prevenire i mali di stagione.

Le malattie della stagione fredda possono essere provocate da varie cause. A volte si tratta solo di un’irritazione delle mucose, altre volte invece il disturbo è scatenato da un virus o un batterio. In tutti i casi, comunque, per tenere alte le difese naturali è sempre fondamentale iniziare dalla dieta, con abbondanti porzioni di frutta e verdure stagionali per non incorrere in carenze vitaminiche o di sali minerali. Chi è più soggetto ad ammalarsi e si trova ogni anno vittima di influenze e altri disturbi, può anche valutare di assumere integratori specifici per rafforzare le difese immunitarie o ricorrere per tempo ai vaccini antinfluenzali presso il proprio medico di base o il farmacista di fiducia. Un segno di basse difese immunitarie è spesso anche la formazione di herpes labiale, tipico di momenti della vita di forte stress.

Come intervenire se i malanni arrivano.

Ai primi sintomi di mali stagionali è bene correre ai ripari, chiedendo consiglio al farmacista per una prima valutazione, in caso si possa intervenire con farmaci da banco. Questi vanno sempre utilizzati in modo consapevole e responsabile, per cui il parere di un professionista della salute è fondamentale, sia per prevenire le influenze sia per curare i disturbi più lievi evitando di peggiorare la situazione. Diversi tipi di rimedi sono infatti disponibili per l’automedicazione, dagli antinfiammatori non steroidei ai decongestionanti nasali e la scelta deve essere accurata. Se poi i disturbi non passano è possibile che dipendano da infezioni batteriche o virali per cui è necessario contattare il medico curante.

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Dolori reumatici, combatterli con dieta mirata e farmaci adeguati

Il termine reumatismo è un termine generico che indica numerose patologie, che hanno in comune il fatto di essere tutte concentrate nell’apparato locomotore. Interessano quindi ossa, articolazioni e parti molli. Come spiega la Lega svizzera contro il reumatismo, una prima classificazione delle varie forme di questa patologia è la sua causa, che può essere di tipo infiammatorio o non infiammatorio. «Il reumatismo infiammatorio – spiega la Lega – include tutte le forme di artrite, tutte le forme di spondiloartrite (affezioni infiammatorie della colonna vertebrale e delle articolazioni) e le collagenosi (affezioni del tessuto connettivo come la sclerodermia, la sindrome di Sjögren e il lupus eritematoso sistemico). Il reumatismo non infiammatorio include invece tutte le artrosi (affezioni degenerative delle articolazioni), le artropatie da cristalli (come la gotta e la pseudogotta), il grande gruppo delle affezioni reumatiche delle parti molli nonché le patologie ossee (come l’osteoporosi). Questa categoria comprende anche il mal di schiena cronico, se esso non costituisce un sintomo di un’affezione infiammatoria come il morbo di Bechterew».

La dieta contro i reumatismi infiammatori.

Per prevenire e alleviare i reumatismi di natura infiammatoria, gli esperti suggeriscono di cominciare dalla dieta. «Numerosi studi – spiegano gli specialisti della Lega svizzera contro il reumatismo – dimostrano che le infiammazioni croniche possono essere influenzate favorevolmente dalla dieta. Tutte le persone affette da reumatismo dovrebbero quindi non solo ricevere una diagnosi e dei medicamenti, ma anche alcune raccomandazioni alimentari». Si è riscontrato, per esempio, che diversi soggetti affetti da reumatismo hanno carenze nutrizionali, in particolare di omega3, vitamina D, calcio, magnesio, zinco. Viene quindi suggerito di introdurre nel regime alimentare alimenti ricchi di questi nutrienti, riducendo invece l’assunzione di acidi grassi polinsaturi omega6 e di acidi grassi saturi e trans. È anche auspicabile tenere sotto controllo il peso attraverso una regolare attività fisica.

Individuare le cause e trattarle.

Non sempre quando si prova dolore si interpella un medico. Spesso si tende ad aspettare per vedere se il disturbo passa da solo. Gli esperti però esortano ad approfondire il problema. «L’origine del dolore deve essere chiarita – sostengono gli specialisti della Lega svizzera contro il reumatismo -. È possibile rilevare un’infiammazione tramite analisi del sangue, deficit meccanici e disfunzioni medianti esami clinici o diagnostici per immagini. Nel dolore acuto, le cause sono di solito identificabili nei tessuti. Nel caso di disturbi insidiosi (subacuti) e cronici, i risultati degli esami fisici corrispondono meno spesso al dolore percepito soggettivamente». Una volta stabilita la causa è possibile sia necessaria una terapia farmacologica, da stabilire sotto controllo medico e adeguata regolarmente. Quanto ai farmaci più generalmente prescritti, la Lega svizzera contro il reumatismo, spiega che «si fa una distinzione tra antidolorifici che contengono narcotici come la morfina (analgesici oppioidi) e altri ad azione più blanda senza oppiacei (analgesici non oppioidi). Anche gli psicofarmaci (antidepressivi e neurolettici) svolgono un ruolo importante nella terapia del dolore. La loro prescrizione, tuttavia, non implica in alcun modo il sospetto di una malattia mentale».

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Broccoli e cavoli: alleati naturali contro ictus ed emboli

Un recente studio dell’Heart Research Institute in collaborazione con l’Università di Sydney in Australia evidenzia come i broccoli e i cavoli contengano sostanze chimiche utili a sciogliere gli emboli, cioè quei corpi estranei (coaguli di sangue anomali, grumi di grasso o di liquido amniotico, bolle d’aria, cristalli di colesterolo, ecc.) in grado di ostruire una vena o un’arteria e quindi di bloccarne il regolare flusso sanguigno. Ottima notizia per i pazienti con ictus, anche perché le caratteristiche chimiche di queste verdure migliorano l’efficacia dei farmaci fluidificanti.

Che cos’è un ictus e come si cura.

L’ictus si manifesta come un improvviso deficit neurologico localizzato della durata superiore alle 24 ore o dall’esito irreparabile (a differenza di un’ischemia cerebrale, i cui sintomi si rivelano in meno di 24 ore). L’ictus rappresenta la seconda causa di morte a livello globale e la terza nei Paesi avanzati (lo precedono malattie cardiovascolari e tumori). È altresì la prima causa di disabilità negli anziani e la seconda causa di demenza. Considerato incurabile fino a pochi anni fa, oggi i pazienti colpiti da ictus possono essere ricoverati in unità di terapia subintensiva specializzate che, insieme alla terapia trombolitica endovenosa e ad altri trattamenti, hanno mutato favorevolmente le prognosi per ictus. Tuttavia, con l’allungamento della vita media, l’ictus tende a manifestarsi sempre più spesso nei Paesi industrializzati, con oltre 8 nuovi casi ogni 1.000 abitanti over 65.

Benefici di broccoli e cavoli contro l’ictus.

Il responsabile del progetto di ricerca australiano, il Dott. Xuyu Liu dell’Università di Sydney, afferma che una dieta arricchita in particolar modo di broccoli e cavolini di Bruxelles può raddoppiare le probabilità di sbloccare le arterie da eventuali emboli, evitando così, almeno potenzialmente, l’insorgere di un ictus. I primi test pre-clinici dimostrano che i benefici apportati dall’assunzione di queste verdure potrebbero essere ampliati individuando le molecole che riducono il rischio di infarto e andando a potenziare l’efficacia dei farmaci fluidificanti attualmente in uso. I ricercatori hanno infatti rilevato una sostanza naturale presente nei broccoli, l’isothiocyanato, più efficace dei farmaci TPA (Attivatore Tissutale del Plasminogeno).

Obiettivi della ricerca scientifica: terapie e farmaci anti-emboli.

“L’obiettivo a lungo termine” afferma Liu “è quello di sviluppare nuove terapie che possano agire sulla formazione di emboli a livello molecolare”. L’ictus si verifica quando il flusso sanguigno diretto al cervello viene interrotto e le cellule non ricevono il giusto apporto di ossigeno e nutrimenti. Nella seconda fase del progetto i medicinali saranno oggetto di sperimentazione umana con l’obiettivo di produrre un farmaco da assumere per via orale e che associ le molecole più efficaci per il trattamento antitrombotico.