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Attività fisica: anche solo nel week-end per stare in forma

Uno studio statunitense pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine ha monitorato 350.000 persone che per 10 anni hanno fatto attività fisica solo nei fine settimana. Molti dei partecipanti allo studio hanno svolto il loro esercizio fisico (camminata veloce, pedalata leggera, tennis, corsa, nuoto, calcio…) in più sessioni durante la settimana; altri lo hanno concentrato in una o due sessioni di esercizio nei fine settimana. La domanda che si sono posti i ricercatori e che è alla base di questo studio è stata: l’esecuzione dei livelli raccomandati di attività fisica settimanale (150 minuti di attività moderata oppure 75 minuti di attività intensa) in 1 o 2 sessioni (nel week-end) rispetto a 3 o più sessioni (più volte alla settimana) influenza sul rischio di mortalità? Le linee guida 2020 dell’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità per l’attività fisica e i comportamenti sedentari raccomandano che gli adulti eseguano da 150 a 300 minuti a settimana (min/settimana) di attività fisica aerobica di intensità moderata, da 75 a 150 min/settimana di attività fisica intensa. Bambini e adolescenti dovrebbero fare in media giornalmente 60 minuti di movimento fisico, da moderato a vigoroso, prevedendo esercizi di potenziamento muscolare almeno tre volte a settimana. Salvo controindicazioni, le donne in gravidanza e nel periodo postparto dovrebbero svolgere almeno 150 minuti settimanali di attività fisica aerobica moderata e stretching dolce, dal quale potrebbero trarre notevoli benefici in questa particolare fase della loro vita. Per adulti e anziani con specifiche condizioni di cronicità rimangono valide le raccomandazioni attribuite alle rispettive fasce d’età, così come per le persone affette da disabilità senza specifiche controindicazioni.

I risultati ottenuti da questa ricerca dimostrano che quello che conta, per mantenersi in salute e abbassare il rischio di mortalità (in particolare per cancro e malattie cardiovascolari), è fare regolarmente la giusta quantità di esercizio fisico. Che sia più volte alla settimana o solo nel week-end è ininfluente. O meglio, non sono state riscontrate differenze significative, a parità di tempo dedicato. Pertanto, le persone che si impegnano nei livelli di attività fisica raccomandati possono sperimentare lo stesso vantaggio sia che le sessioni vengano eseguite durante la settimana sia che si concentrino in un minor numero di giorni.

Obiettivo di ciascun individuo dovrebbe essere quello di aumentare l’attività fisica svolta, al di là del livello di partenza, incrementandola gradualmente. L’OMS, infatti, non solo invita a fare attività fisica per allontanare il rischio di mortalità collegato a certe patologie. Raccomanda altresì di contrastare la sedentarietà, intesa non soltanto come lo “stare seduti” ma come stile di vita, dannoso per la salute di chi lo pratica a qualunque fascia d’età appartenga. L’ideale è trovare un buon equilibrio tra inattività fisica e movimento. Per esempio, ai ragazzi è consigliato di ridurre il tempo trascorso con dispositivi elettronici per dedicarlo all’attività fisica. Agli anziani si consiglia di praticare un esercizio fisico anche leggero, perché certamente preferibile e più salutare dell’inattività e della sedentarietà.

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Genitori con sclerosi multipla a maggior rischio di ansia e depressione

Buona parte degli studi si concentra sugli effetti della SM sui figli di genitori malati e nei figli stessi colpiti da questa patologia. Uno studio italiano condotto da ricercatori AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla e studiosi della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla in collaborazione con l’Università di Siena ha analizzato i disturbi dell’umore in pazienti che non solo dovevano affrontare ogni giorno una patologia come la SM ma anche tutto quello che può significare essere genitori.

Questa ricerca, da poco pubblicata sulle pagine dell’International Journal of MS Care, ha messo in relazione il livello di disabilità, le strategie psicologiche del paziente per gestire le difficoltà, il supporto sociale percepito con i disturbi dell’umore in genitori affetti da SM. Sono stati intervistati quasi 300 tra mamme (82%, età media 41 anni) e papà malati di SM che spesso, rispondendo ai quesiti proposti, esprimevano tutto il loro disagio nell’essere genitori malati di SM.

Eventuali disabilità fisiche e cognitive conseguenti alla malattia, ad esempio, condizionano irrimediabilmente la gestione delle attività quotidiane come il trasporto dei figli a scuola, a un centro sportivo, a una festa di compleanno… Tutto ciò si traduce in un forte senso di inadeguatezza e, a cascata, nello sviluppo progressivo di stress, sensi di colpa, scarsa autostima ed autoefficacia, a cui si aggiungono disturbi come l’ansia e la depressione (che colpiscono più spesso persone affette da SM che non soggetti sani).

Talvolta un disturbo come l’ansia può essere mascherato da altri sintomi tipici della SM, come la difficoltà a concentrarsi o la tensione muscolare, ostacolando la diagnosi precoce del disturbo dell’umore. I risultati di questa ricerca dimostrano che proprio l’ansia e la depressione sembrano essere collegate al livello di disabilità del paziente-genitore, alle sue personali strategie di coping (cioè di reazione alle difficoltà) e a un basso livello di supporto sociale percepito.

Questi tre fattori, quindi, possono essere considerati predittivi dei disturbi dell’umore nei genitori affetti da SM. Basta dare un’occhiata ai numeri: il 59% dei genitori intervistati presenta un disturbo d’ansia; il 30,5% riscontra sintomi depressivi. Sebbene questo studio abbia considerato un campione limitato di pazienti, di giovane età e con bassi livelli di disabilità, resta il fatto che i genitori malati di SM sono più a rischio di altri (soggetti sani o anche altri malati di SM ma non genitori) nell’ammalarsi di disturbi psicologici che peggiorerebbero il loro stato di salute e la loro già difficile quotidianità.

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Alimentazione, i benefici di una dieta ricca di vegetali

Consumare alimenti vegetali in abbondanza è una scelta che porta diversi vantaggi alla salute. Seguire una dieta a prevalenza vegetale, senza eliminare i cibi di origine animale ma riducendoli, migliora il benessere generale, previene diverse patologie e fa bene anche all’ambiente. Il Consiglio europeo di informazione sull’alimentazione (Eufic) illustra i vantaggi principali di un consumo abbondante e quotidiano di frutta e verdura: «Le alimentazioni a base vegetale sono ricche di frutta, verdura, cereali integrali, fagioli e legumi, tutti alimenti ben noti per i benefici che apportano alla salute. Non dovrebbe quindi sorprendere il fatto che chi segue un’alimentazione a base vegetale ricca di tali cibi salutari, incorra in un rischio minore di contrarre molte malattie, incluse le malattie cardiache, alcuni tipi di cancro e il diabete di tipo 2». L’espressione “alimentazione a base vegetale” non è sinonimo di dieta vegetariana o vegana, ma semplicemente di regime alimentare che dà ampio spazio a frutta e verdura.

Un mix di benefici di cui far tesoro.

Tutti conoscono la ricchezza in vitamine e sali minerali degli alimenti vegetali, che già da sola ne fa dei cibi ai quali non si deve mai rinunciare. Ma i vantaggi derivanti da un consumo di abbondante frutta e verdura vanno anche oltre questo aspetto. «I benefici – prosegue l’Eufic – sono probabilmente dovuti a una combinazione di fattori, tra i quali una densità energetica più bassa, un maggior apporto di vitamine, minerali, grassi insaturi e fibre, una riduzione di grassi saturi, zuccheri, sale e carni rosse lavorate. Inoltre, chi segue un’alimentazione a base vegetale tende a essere più attento alla salute e a seguire uno stile di vita più sano (ad es. fuma di meno, è più attivo fisicamente e consuma alcol moderatamente) rispetto alle altre persone. Per questo motivo possiamo affermare che i benefici osservati per le alimentazioni a base vegetale potrebbero anche essere attribuiti ad altre abitudini sane».

Attenzione agli altri alimenti.

Consumare molti vegetali non basta a considerare la propria dieta sana. Anche l’assunzione di altri alimenti, dei condimenti e del sale deve essere controllata. «Come tutti i tipi di alimentazione, la quantità e la qualità degli alimenti sono di cruciale importanza nel determinare i benefici per la salute – osserva l’Eufic -. Una dieta a base vegetale, ma ricca di cibi grassi, zuccheri e sale porterà a un rischio maggiore di contrarre malattie, come ogni altro tipo di alimentazione non salutare». Per godere appieno dei benefici degli ortaggi è inoltre importante ricordare di scegliere prevalentemente prodotti stagionali e di variare spesso, così da non limitarsi all’assunzione solo di alcuni nutrienti, ma di fare il possibile per fare il pieno di tutti quanti.

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La fame ci fa arrabbiare: studio dimostra l’associazione tra irritabilità e appetito

Le nostre emozioni quotidiane sono influenzate (non solo ma anche) dalla fame. Lo studio ha coinvolto 64 soggetti adulti europei, registrando i loro livelli di appetito in un arco temporale di 21 giorni. I partecipanti sono stati chiamati ad esprimere i loro sentimenti e livello di fame 5 volte al giorno attraverso un’applicazione per smartphone. I risultati ottenuti incrociando questi dati mostrano come la fame sia associata a sentimenti di rabbia e nervosismo ma anche a condizioni di minor piacere. Tali effetti sono trasversali in tutti i soggetti testati, al di là dell’età, dell’indice di massa corporea, del comportamento alimentare e dalla personalità di ciascuno.

Stefan Stieger, professore di psicologia alla Karl Landsteiner University of Health Sciences e collaboratore “sul campo” di questo progetto: “L’effetto ‘hangry’ (neologismo inglese coniato dalla fusione di “hungry” ovvero “affamato” e “angry” cioè “arrabbiato” n.d.r.) non è stato analizzato in dettaglio, quindi abbiamo scelto un approccio sul campo in cui i partecipanti sono stati invitati a rispondere a dei questionari utilizzando un’apposita applicazione sul loro telefono cellulare. Queste domande sono state inviate cinque volte al giorno in occasioni semi-casuali per un periodo di tre settimane. Ciò ci ha permesso di generare dati longitudinali intensivi in un modo altrimenti impossibile con la tradizionale ricerca di laboratorio. Sebbene un simile approccio richieda un grande sforzo – non solo per i partecipanti ma anche per i ricercatori nella progettazione di tali studi – i risultati forniscono un elevato grado di generalizzazione rispetto agli studi di laboratorio, fornendoci un quadro molto più completo di come le persone sperimentano gli esiti emotivi della fame nella loro vita quotidiana”.

Viren Swami, professore di psicologia sociale all’Anglia Ruskin University (ARU) e uno degli autori principali dello studio, ha affermato che “Molti di noi sono consapevoli che la fame può influenzare le nostre emozioni, ma sorprendentemente poche ricerche scientifiche si sono concentrate sull’essere ‘arrabbiati’. Il nostro è il primo studio che esamina l’essere ‘arrabbiati’ al di fuori di un laboratorio. Seguendo le persone nella loro vita quotidiana, abbiamo scoperto che la fame era correlata a livelli di rabbia, irritabilità e piacere. Sebbene il nostro studio non presenti modi per mitigare le emozioni negative indotte dalla fame, la ricerca suggerisce che essere in grado di etichettare un’emozione può aiutare le persone a regolarla, ad esempio riconoscendo che ci sentiamo arrabbiati semplicemente perché abbiamo fame. Pertanto, una maggiore consapevolezza sul perché ci sentiamo ‘arrabbiati’ potrebbe ridurre la probabilità che la fame si traduca in emozioni e comportamenti negativi negli individui”.

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Secchezza cutanea, d’estate si rischiano irritazioni e desquamazione

Nei mesi estivi la pelle è sottoposta a diversi fattori aggressivi che rischiano di seccarla eccessivamente, generando a volte anche irritazioni e desquamazioni dell’epidermide. Uno dei principali motivi per cui in questo periodo la pelle si secca è la tendenza a lavarsi molto spesso per togliere il sudore, o la sabbia e il sale per chi si trova al mare. Lavaggi frequenti o effettuati con detergenti troppo aggressivi rimuovono, giorno dopo giorno, lo strato idrolipidico più superficiale della pelle, rendendola più secca del normale. Come spiegano gli esperti del manuale Msd, infatti, «l’atto di lavarsi determina la rimozione del film lipidico superficiale, con conseguente secchezza cutanea. La cute secca può irritarsi, causando spesso prurito. A volte si desquama. La desquamazione interessa in genere gli arti inferiori».

Cosa accade se la pelle si secca.

La pelle secca è determinata dalla perdita di acqua contenuta negli strati più profondi della cute. «La cute normale ha un aspetto morbido ed elastico grazie al suo contenuto di acqua – proseguono gli esperti -. Come protezione contro la perdita dell’acqua, lo strato esterno della cute contiene oli (lipidi) che rallentano l’evaporazione e trattengono l’umidità negli strati più profondi. In caso di carenza di oli, la cute diviene secca. Questa condizione è comune soprattutto nelle persone che hanno superato la mezza età». Ci sono quindi situazioni in cui il rischio di vedere la propria cute seccarsi è più elevato ed è bene imparare le regole principali per prevenire il disturbo che, se trascurato, genera nel tempo prurito intenso e irritazioni che possono anche creare terreno fertile per infezioni e altre problematiche.

Prevenzione e rimedi.

Essendo la perdita d’acqua la prima causa della secchezza cutanea, la principale prevenzione che si possa fare è mantenere la cute sempre ben idratata. «La chiave per trattare la secchezza cutanea consiste nel mantenere idratata la cute – confermano gli esperti -. Bagni meno frequenti e impiego di acqua tiepida anziché bollente permettono di mantenere il film lipidico cutaneo. Anche creme idratanti o creme con vaselina, olio minerale o glicerina possono trattenere i liquidi cutanei e vanno applicate subito dopo la doccia. Possono essere utilizzati anche creme idratanti che contengono determinate sostanze come acido lattico o acido acetilsalicilico. Saponi aggressivi, detergenti e i profumi contenuti in alcune creme idratanti irritano la pelle e possono seccarla in misura maggiore».

I danni del sole e la protezione solare Quando la pelle si secca è fondamentale proteggerla dal sole con formulazioni specifiche. Come dichiara la dott.ssa Evelyn Falconi Klein dell’Istituto clinico e di ricerca Humanitas, «la pelle secca va protetta dal sole come tutti gli altri tipi di pelle. L’utilizzo di spray solari o gel solari è meno indicato perchè sono prodotti con ridotta capacità idratante. Formulazioni a base di creme emollienti sono preferibili come anche prodotti resistenti all’acqua, e vanno applicati circa ogni 2 ore dopo ogni bagno. Dopo il mare e una doccia serale (breve e tiepida) consiglio sempre un buon doposole lenitivo e idratante».