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Occhi e sole: proteggersi sempre dalle radiazioni ultraviolette

Secondo l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-Iapb Italia onlus, «l’eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti del sole, in assenza di adeguata protezione, è alquanto dannosa a livello oculare, così come lo è per la pelle. Uno dei problemi più comuni è legato ai luoghi in cui è presente molto riverbero (spiaggia o piste da sci)». In questi casi il rischio è quello di sviluppare cheratocongiuntivite attinica, un’infiammazione acuta della congiuntiva e della cornea. L’Agenzia spiega che tra i sintomi di questa patologia possono insorgere «lacrimazione, dolore, gonfiore alle palpebre, sensazione di sabbia negli occhi, vista annebbiata o ridotta». È sempre bene, poi, ricordare che il sole non va mai fissato direttamente, perché si rischia una maculopatia fototraumatica, un danno che potrebbe essere permanente e causare una cicatrice sulla retina nella zona maculare con perdita temporanea o permanente della visione centrale. Infine, negli anni l’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti può anche portare a formazioni tumorali.

Le norme da seguire per proteggersi.

La protezione più immediata e sicura sono gli occhiali scuri, dotati di filtri a norma di legge. «In particolare – afferma Iapb Italia – gli occhiali da sole avvolgenti sono quelli che proteggono meglio gli occhi perché bloccano i raggi nocivi provenienti anche lateralmente. Inoltre, un cappello a tesa larga offre un certo grado di protezione. Bisogna ricorrere a tali protezioni in tutte le situazioni in cui ci sia una forte esposizione ai raggi ultravioletti (mare, montagna o lampade e lettini abbronzanti). Qualora compaiano fastidi, quali bruciore, rossore e fotofobia (intolleranza alla luce), visione offuscata, macchie scure sulla parte bianca del bulbo (simili a nei), è consigliabile recarsi dall’oculista che, una volta formulata l’esatta diagnosi, quando necessario prescriverà la terapia idonea».

Rimedi in caso di disturbi oculari.

Per recare sollievo agli occhi arrossati e secchi, è possibile usare le lacrime artificiali come automedicazione. Questo rimedio è particolarmente consigliato a chi indossa lenti a contatto, in quanto il rischio di irritazione e secchezza è ancora più forte. In caso però, a seguito di esposizione al sole, si avvertano disturbi più seri, è bene consultare l’oculista e farsi prescrivere rimedi mirati. Come infatti sottolinea Iapb Italia, «in presenza di una cheratocongiuntivite (congiuntivite associata a una cheratite), l’uso di un collirio errato potrebbe persino peggiorare il quadro clinico».

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Lenti a contatto al mare: si rischiano danni alla cornea

In estate chi va al mare o in piscina dovrebbe fare ancora più attenzione all’igiene delle proprie lenti e alla salute dei propri occhi. Come mai proprio in estate? Perché sulle lenti a contatto, in particolare su quelle morbide, possono facilmente proliferare germi come l’Acanthamoeba, patogeno diffuso soprattutto in acqua e responsabile di gravi cheratiti. In Italia si stima che sia causa di oltre 400 cheratiti all’anno, in continuo aumento per la maggiore aggressività del parassita e per l’utilizzo ormai diffusissimo delle lenti a contatto. Della pericolosità dei parassiti d’acqua a danno degli occhi ne hanno parlato diversi esperti, riuniti nei giorni scorsi a Firenze in occasione del XX Congresso dell’International Society of Cornea, Stem Cells and Ocular Science (SICSSO). Il loro messaggio è chiaro: l’acqua di piscine, mari, fiumi, laghi e anche della doccia del bagno potrebbe essere contaminata da parassiti molto dannosi per i nostri occhi.

“In Italia si stima che si verifichi oltre un caso al giorno di queste cheratiti – afferma Vincenzo Sarnicola, presidente Siccso -. Purtroppo le terapie mediche non riescono sempre a eradicare l’infezione che non risponde agli antiamebici, difficili anche da reperire nelle farmacie italiane. Il microrganismo ha così il tempo di penetrare nella cornea e danneggiarla al punto di richiedere un trapianto nel 12-50% dei casi. Il trapianto di cornea classico fallisce in oltre la metà dei casi e nel 40% dei pazienti si sviluppa un glaucoma, i rigetti sono frequenti e in alcuni casi si arriva perfino a dover enucleare l’occhio.

Risultati migliori sono possibili con un trapianto di cornea lamellare anteriore, in cui non viene sostituita tutta la cornea ma solo lo strato intermedio. Ma la migliore terapia è la prevenzione”. Suggerimenti per chi porta lenti a contatto: meglio utilizzare le monouso che riducono il rischio di infezione da Acanthamoeba. Se si usano contenitori portalenti, mantenerli puliti e sostituirli regolarmente.

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Questione di chimica (sociale): odori corporei simili avvicinano le persone

Secondo uno studio di un gruppo di ricercatori Weizmann Institute of Science di Rehovot, Israele, abbiamo profumi simili a quelli dei nostri amici. Parimenti, due estranei con un odore corporeo simile avrebbero più facilità a fare amicizia rispetto a due persone dall’odore molto diverso. Che i mammiferi sfruttassero gli odori per distinguere gli amici dai nemici ne avevamo già cognizione da tempo, tuttavia il senso dell’olfatto degli esseri umani ha ancora molti lati tutti da svelare, perché dei 5 sensi è quello dei meno studiati. Ma dallo scoppio della pandemia di Covid-19, e viste le conseguenze che ha provocato proprio sulla sfera sensoriale dei malati, le cose stanno cambiando.

Qual è stato il metodo adottato dai ricercatori di questo studio? Prima hanno “testato” gli odori di 20 coppie di amici dello stesso sesso; hanno utilizzato due gruppi di “annusatori” umani arruolati appositamente; infine, hanno impiegato un “naso elettronico”. Al primo gruppo è stato chiesto di valutare le eventuali somiglianze olfattive tra due magliette appartenenti alla stessa coppia di amici. Questi avevano indossato la propria t-shirt senza spruzzarsi addosso profumi o deodoranti per non alterare i risultati dello studio. Al secondo gruppo è stato chiesto di valutare gli odori delle singole magliette in base a 5 criteri soggettivi: piacevolezza, intensità, attrattiva sessuale, competenza, temperamento.

Il naso elettronico, invece, grazie ai suoi dieci dispositivi sensibili ad alcuni elementi volatili, ha permesso di identificare le analogie tra tutte le magliette oggetto di studio.

Il risultato è stato il medesimo sul totale dei casi analizzati: gli odori dei vestiti erano più simili tra amici che non tra estranei. Inoltre, con una precisione del 71% dei casi, i ricercatori hanno ipotizzato che la relazione tra due persone sarebbe stata buona esclusivamente basandosi sulla somiglianza olfattiva dei due soggetti. Ciò non significa che l’analogia degli odori corporei sia il cuore di un’amicizia forte e duratura, senza contare che le relazioni interpersonali sono particolarmente complesse e il fattore olfattivo è insufficiente a spiegarne il successo/l’insuccesso e, in ogni caso, a determinarle.

A latere dei risultati di questo studio si aggiunge il fatto che i meccanismi genetici potrebbero fare la loro parte in termini di gusti olfattivi e odori corporei. “Tra amici, i geni legati ai recettori olfattivi mostrano più somiglianze rispetto alla media”, specifica Bettina Pause, a capo del gruppo di ricerca in psicologia biologica e psicologia sociale presso l’Università Heinrich Heine di Düsseldorf. “Due amici avranno quindi più cose in comune nella loro percezione olfattiva del mondo di due persone senza alcun legame amichevole.”

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Reazioni avverse ai farmaci, le modalità per segnalarle alle autorità

La farmacovigilanza è l’attività che consente di monitorare nel tempo gli effetti di farmaci e vaccini, in modo da tenere costantemente sotto controllo eventuali rischi e verificare la sicurezza dei medicinali nel tempo. Qualsiasi reazione nociva, sia essa grave, non grave, accertata o sospetta, deve essere segnalata, sia dagli operatori sanitari sia dai cittadini, attraverso una procedura stabilita dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Le modalità disponibili per effettuare la segnalazione sono tre. È possibile anzitutto compilare l’apposita scheda https://www.aifa.gov.it/moduli-segnalazione-reazioni-avverse inviandola al Responsabile di farmacovigilanza https://www.aifa.gov.it/responsabili-farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza via e-mail o fax, oppure al titolare dell’Autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) del medicinale che si sospetta abbia causato la reazione avversa. La terza opzione disponibile è l’utilizzo del format online https://servizionline.aifa.gov.it/schedasegnalazioni/# dell’Aifa, selezionando l’area degli operatori sanitari o dei cittadini.

Segnalazioni anche per usi impropri.

In merito alla tipologia di effetti indesiderati da segnalare, va precisato che all’espressione “reazione avversa” viene attribuito un significato che include anche le reazioni del medicinale assunto in modo improprio. La definizione ufficiale è infatti “effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un medicinale”. A tale proposito l’Aifa precisa che «con tale definizione, che è indipendente dal tipo di uso del medicinale, sono oggetto di segnalazione le reazioni avverse, incluse anche quelle derivanti da errore terapeutico, abuso, misuso, uso off label, sovradosaggio ed esposizione professionale. Pertanto si avrà un incremento delle segnalazioni a cui corrisponderà una maggiore attività di monitoraggio». Le segnalazioni raccolte in ogni paese della rete di farmacovigilanza europea confluiscono nel database Eudravigilance con tempistiche diversificate a seconda della gravità della reazione. Le reazioni gravi pervengono entro 15 giorni, mentre le non gravi entro 90 giorni. I dati sono accessibili al pubblico.

La normativa europea.

La farmacovigilanza è soggetta a livello europeo al Regolamento UE 1235/2010 e alla Direttiva 2010/84/UE. Come spiega l’Aifa, queste norme mirano a «rafforzare i sistemi di farmacovigilanza, (ruoli e responsabilità chiaramente definiti per tutte le parti), razionalizzare le attività tra gli Stati Membri ad esempio attraverso una ripartizione delle stesse attività con condivisione del lavoro svolto evitando duplicazioni, incrementare la partecipazione dei pazienti e degli operatori sanitari, migliorare i sistemi di comunicazione delle decisioni prese e darne adeguata motivazione, aumentare la trasparenza».

Il monitoraggio dei dati raccolti nel database Eudravigilance è gestito dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) in cooperazione con gli Stati Membri. «Queste attività – sottolinea l’Aifa – sono finalizzate all’identificazione di cambiamenti di rischi o di nuovi rischi attraverso l’analisi dei segnali, intendendo con questo termine “un’informazione proveniente da una o più fonti, osservazioni ed esperimenti compresi, che lascia supporre l’esistenza di una nuova associazione potenzialmente causale, o di un nuovo aspetto di un’associazione nota, tra un intervento e un evento o una serie di eventi collegati, avversi o benefici, ritenuta sufficientemente probabile da giustificare una verifica”».

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Come far piacere le verdure ai bambini?

Problema comune a molti genitori, riuscire a introdurre regolarmente delle verdure nei piatti dei figli più piccoli spesso si rivela una delle imprese più ardue della giornata. Dalla spesa fatta insieme ai bambini per scegliere insieme frutta e verdura alla preparazione di ricette coloratissime a prova di broncio fino agli impiattamenti fiabeschi e sorridenti, la creatività di mamma e papà supera se stessa ogni giorno che passa. Con effetti, purtroppo, non sempre gratificanti. Forse vale la pena tentare un’altra strada: quella della ricompensa.

Secondo un recente studio olandese condotto dai ricercatori dell’Institute for Food, Health & Safety by Design, Maastricht University Campus Venlo, la ricompensa è la giusta chiave per invogliare i bambini a mangiare le verdure. Britt van Belkom, una delle ricercatrici coinvolte nello studio: “È importante iniziare a mangiare verdura fin dalla giovane età. Sappiamo da ricerche precedenti che i bambini piccoli in genere devono provare un nuovo ortaggio da otto a dieci volte prima che gli piaccia e così con questa ricerca abbiamo esaminato se chiedere ripetutamente ai bambini di provare alcune verdure li avrebbe resi più disposti a mangiarle. Ci interessava anche sapere se fornire una ricompensa divertente avrebbe fatto la differenza”. Visti i risultati ottenuti… pare proprio di sì.

Sono stati testati 598 bambini di età compresa fra 1 e 4 anni negli asili nido del Limburgo, Paesi Bassi. Ad alcuni di loro sono state date delle ricompense simpatiche, divertenti, ludiche (ad esempio un adesivo, un giocattolo) ogni volta che provavano delle verdure. Lo studio ha inoltre verificato la conoscenza e il riconoscimento delle verdure proposte nonché la disponibilità dei bambini ad assaggiarle. Se all’inizio dello studio tutti i bambini hanno provato al massimo 5 verdure, al termine, coloro ai quali era stata offerta una ricompensa, hanno assaggiato 7 verdure. Le 14 verdure disponibili nel menu erano: pomodori, lattuga, cetrioli, carote, peperoni, cipolle, broccoli, piselli, cavolfiori, funghi, fagiolini, cicoria, asparagi, zucca.

Il gruppo di bambini ai quali era stato chiesto di provare delle verdure dietro gratificazione ha aumentato sia la disponibilità ad assaggiarne di più sia la conoscenza della varietà di vegetali indicati in lista. Tuttavia i ricercatori ci tengono a sottolineare come la tipologia di gratificazione offerta sia fondamentale circa l’esito della prova. Ciò che conta è che la ricompensa sia divertente per un bambino e che, soprattutto, non si tratti di cibo. Altrettanto indispensabile è la presenza e la varietà di verdure disponibili nelle mense di asili nido e scuole primarie: in questo modo, fin dai primi anni di vita, i bambini si abituano ad alimentarsi in modo corretto e salutare. Anche, perché no?, dietro una piccola ricompensa.