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Artrite reumatoide: un aiuto dal nuoto

Chi soffre di artrite reumatoide che sport può praticare? Il nuoto offre l’opportunità di tenere in esercizio il fisico senza stressare ulteriormente le articolazioni sofferenti. L’allenamento in acqua risponde a molteplici esigenze: può essere personalizzato per età, condizioni fisiche e adattato a qualsiasi livello di preparazione, dal principiante all’avanzato. Quali sono precisamente i benefici di questo sport per chi soffre di artrite reumatoide? Il nuoto riduce i dolori e la rigidità di muscoli e articolazioni. Favorisce il flusso sanguigno, fornendo più ossigeno e nutrienti ai muscoli. Permette di “allungare” le fibre muscolari in modalità che altrimenti non sarebbero fattibili fuor d’acqua. Ancora, riduce il rischio di malattie cardiovascolari e, più in generale, aiuta a migliorare le condizioni di salute di chi lo pratica.

È stato dimostrato che l’artrite reumatoide è un importante fattore di rischio di patologie cardiovascolari: occorre quindi adottare misure utili a migliorare il livello di forma fisica facendo esercizio regolare e il nuoto è un’ottima opzione. Per chi soffre di artrite i movimenti in acqua consentono di alleviare i dolori senza sentire il peso delle articolazioni sotto sforzo. A differenza della corsa o della camminata, il nuoto esercita poco (o alcuno) sforzo su muscoli e legamenti, data la quasi totale assenza della forza di gravità in acqua. Chiunque abbia problemi alle articolazioni può nuotare serenamente proprio perché non dovrà sopportare contraccolpi articolari dovuti all’impatto con il suolo.

Il nuoto non è soltanto uno sport “cardio”, foriero di tutti i benefici cardiovascolari di una camminata o di una corsa. Sollecita quasi tutti i muscoli del corpo, li tonifica, li rinforza e lo fa opponendo maggiore resistenza dell’aria. I muscoli devono così “lavorare di più” per attivarsi ed eseguire qualsiasi movimento. Praticare uno stile natatorio o fare ginnastica in acqua migliora quindi la struttura muscolare. Può essere utile a un malato di artrite reumatoide? Certamente: nuotare aiuta a mantenere nella corretta posizione muscoli e articolazioni, oltre a prevenire ulteriori peggioramenti della patologia in essere. Fra i vari esercizi consigliati ai pazienti artritici vi sono la camminata o la corsa in piscina, in vasche dove l’acqua non superi il punto vita.

Il jogging o la corsa sul posto possono essere praticati con l’aiuto di cinture di galleggiamento (per esempio nel caso di pazienti anziani). Anche l’acquagym è uno sport adatto ai malati di artrite reumatoide, da praticare a corpo libero oppure con l’aiuto di alcuni attrezzi. Prima di iniziare qualsiasi programma di esercizio fisico in acqua è sempre raccomandabile rivolgersi al proprio medico di base o da uno specialista per chiedere consigli e pareri. Una volta ottenuto il suo via libera, non va dimenticato che gli esercizi in acqua potrebbero comunque causare dolore alle articolazioni malate: in tal caso non bisogna aumentare lo sforzo ma fermarsi e parlarne con il medico. Solo così si potranno rimodulare le attività da svolgersi in acqua, ridefinendone tipologia, intensità e frequenza.

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Demenza senile: una causa potrebbe essere l’insonnia

Quante ore dovrebbe dormire una persona anziana per riposarsi e restare lucida? Circa 7, secondo uno studio pubblicato su Nature Aging, mettendo in relazione la durata del sonno con disturbi psichiatrici e demenze negli anziani. Un riposo notturno insufficiente potrebbe causare deficit di attenzione, difficoltà nel ricordare e imparare nuove cose, risolvere problemi, prendere decisioni. Sette ore di sonno contribuiscono altresì a mantenere in forma lo stato di salute mentale, preservandolo da possibili sintomi di ansia, depressione, malessere dovuti a un eccessivo o ridotto riposo notturno.

“Anche se non possiamo affermare in modo definitivo che dormire troppo o troppo poco causi problemi cognitivi, la nostra analisi sembra supportare questa idea”, ha affermato Jianfeng Feng, professore alla Fudan University in Cina e autore della ricerca pubblicata su Nature. “I motivi per cui le persone anziane dormono poco sembrano essere piuttosto complessi”, spiega lo studioso, “influenzati sia dal corredo genetico che dalla struttura del cervello”. Altre ricerche hanno evidenziato che gli anziani restii ad addormentarsi e che si svegliano spesso durante la notte rischiano di sviluppare forme di demenza. Il declino cognitivo collegato alla scarsità di sonno notturno potrebbe derivare dall’interruzione del cosiddetto “sonno profondo”, ovvero quella fase del riposo in cui il cervello recupera le energie fisiche e mentali, consolida i ricordi e attiva sensibilmente il sistema immunitario. La scarsità di sonno è anche associata all’accumulo di beta-amiloide, una proteina chiave nel processo neurodegenerativo dell’Alzheimer.

Ugualmente un sonno eccessivo può portare a problemi cognitivi, ma ancora non è del tutto chiaro il perché. Bisogna comunque tenere in considerazione la qualità del sonno e non soltanto la sua durata, così come i casi in cui un riposo più lungo o più breve delle 7 ore ideali possa giovare comunque a qualcuno, sulla base di condizioni fisico-mentali specifiche e individuali. Russell Foster, professore all’Università di Oxford e direttore del Sir Jules Thorn Sleep and Circadian Neuroscience Institute, sottolinea: “Quanto a lungo dormiamo, i nostri orari di sonno preferiti e quante volte ci svegliamo durante la notte varia enormemente da individuo a individuo e con l’età. Il sonno è dinamico e tutti abbiamo schemi di sonno diversi. La cosa fondamentale è valutare ciò di cui ha bisogno il nostro organismo, considerato nella sua individualità”.

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Attività fisica: anche solo nel week-end per stare in forma

Uno studio statunitense pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine ha monitorato 350.000 persone che per 10 anni hanno fatto attività fisica solo nei fine settimana. Molti dei partecipanti allo studio hanno svolto il loro esercizio fisico (camminata veloce, pedalata leggera, tennis, corsa, nuoto, calcio…) in più sessioni durante la settimana; altri lo hanno concentrato in una o due sessioni di esercizio nei fine settimana. La domanda che si sono posti i ricercatori e che è alla base di questo studio è stata: l’esecuzione dei livelli raccomandati di attività fisica settimanale (150 minuti di attività moderata oppure 75 minuti di attività intensa) in 1 o 2 sessioni (nel week-end) rispetto a 3 o più sessioni (più volte alla settimana) influenza sul rischio di mortalità? Le linee guida 2020 dell’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità per l’attività fisica e i comportamenti sedentari raccomandano che gli adulti eseguano da 150 a 300 minuti a settimana (min/settimana) di attività fisica aerobica di intensità moderata, da 75 a 150 min/settimana di attività fisica intensa. Bambini e adolescenti dovrebbero fare in media giornalmente 60 minuti di movimento fisico, da moderato a vigoroso, prevedendo esercizi di potenziamento muscolare almeno tre volte a settimana. Salvo controindicazioni, le donne in gravidanza e nel periodo postparto dovrebbero svolgere almeno 150 minuti settimanali di attività fisica aerobica moderata e stretching dolce, dal quale potrebbero trarre notevoli benefici in questa particolare fase della loro vita. Per adulti e anziani con specifiche condizioni di cronicità rimangono valide le raccomandazioni attribuite alle rispettive fasce d’età, così come per le persone affette da disabilità senza specifiche controindicazioni.

I risultati ottenuti da questa ricerca dimostrano che quello che conta, per mantenersi in salute e abbassare il rischio di mortalità (in particolare per cancro e malattie cardiovascolari), è fare regolarmente la giusta quantità di esercizio fisico. Che sia più volte alla settimana o solo nel week-end è ininfluente. O meglio, non sono state riscontrate differenze significative, a parità di tempo dedicato. Pertanto, le persone che si impegnano nei livelli di attività fisica raccomandati possono sperimentare lo stesso vantaggio sia che le sessioni vengano eseguite durante la settimana sia che si concentrino in un minor numero di giorni.

Obiettivo di ciascun individuo dovrebbe essere quello di aumentare l’attività fisica svolta, al di là del livello di partenza, incrementandola gradualmente. L’OMS, infatti, non solo invita a fare attività fisica per allontanare il rischio di mortalità collegato a certe patologie. Raccomanda altresì di contrastare la sedentarietà, intesa non soltanto come lo “stare seduti” ma come stile di vita, dannoso per la salute di chi lo pratica a qualunque fascia d’età appartenga. L’ideale è trovare un buon equilibrio tra inattività fisica e movimento. Per esempio, ai ragazzi è consigliato di ridurre il tempo trascorso con dispositivi elettronici per dedicarlo all’attività fisica. Agli anziani si consiglia di praticare un esercizio fisico anche leggero, perché certamente preferibile e più salutare dell’inattività e della sedentarietà.

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Genitori con sclerosi multipla a maggior rischio di ansia e depressione

Buona parte degli studi si concentra sugli effetti della SM sui figli di genitori malati e nei figli stessi colpiti da questa patologia. Uno studio italiano condotto da ricercatori AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla e studiosi della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla in collaborazione con l’Università di Siena ha analizzato i disturbi dell’umore in pazienti che non solo dovevano affrontare ogni giorno una patologia come la SM ma anche tutto quello che può significare essere genitori.

Questa ricerca, da poco pubblicata sulle pagine dell’International Journal of MS Care, ha messo in relazione il livello di disabilità, le strategie psicologiche del paziente per gestire le difficoltà, il supporto sociale percepito con i disturbi dell’umore in genitori affetti da SM. Sono stati intervistati quasi 300 tra mamme (82%, età media 41 anni) e papà malati di SM che spesso, rispondendo ai quesiti proposti, esprimevano tutto il loro disagio nell’essere genitori malati di SM.

Eventuali disabilità fisiche e cognitive conseguenti alla malattia, ad esempio, condizionano irrimediabilmente la gestione delle attività quotidiane come il trasporto dei figli a scuola, a un centro sportivo, a una festa di compleanno… Tutto ciò si traduce in un forte senso di inadeguatezza e, a cascata, nello sviluppo progressivo di stress, sensi di colpa, scarsa autostima ed autoefficacia, a cui si aggiungono disturbi come l’ansia e la depressione (che colpiscono più spesso persone affette da SM che non soggetti sani).

Talvolta un disturbo come l’ansia può essere mascherato da altri sintomi tipici della SM, come la difficoltà a concentrarsi o la tensione muscolare, ostacolando la diagnosi precoce del disturbo dell’umore. I risultati di questa ricerca dimostrano che proprio l’ansia e la depressione sembrano essere collegate al livello di disabilità del paziente-genitore, alle sue personali strategie di coping (cioè di reazione alle difficoltà) e a un basso livello di supporto sociale percepito.

Questi tre fattori, quindi, possono essere considerati predittivi dei disturbi dell’umore nei genitori affetti da SM. Basta dare un’occhiata ai numeri: il 59% dei genitori intervistati presenta un disturbo d’ansia; il 30,5% riscontra sintomi depressivi. Sebbene questo studio abbia considerato un campione limitato di pazienti, di giovane età e con bassi livelli di disabilità, resta il fatto che i genitori malati di SM sono più a rischio di altri (soggetti sani o anche altri malati di SM ma non genitori) nell’ammalarsi di disturbi psicologici che peggiorerebbero il loro stato di salute e la loro già difficile quotidianità.

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Alimentazione, i benefici di una dieta ricca di vegetali

Consumare alimenti vegetali in abbondanza è una scelta che porta diversi vantaggi alla salute. Seguire una dieta a prevalenza vegetale, senza eliminare i cibi di origine animale ma riducendoli, migliora il benessere generale, previene diverse patologie e fa bene anche all’ambiente. Il Consiglio europeo di informazione sull’alimentazione (Eufic) illustra i vantaggi principali di un consumo abbondante e quotidiano di frutta e verdura: «Le alimentazioni a base vegetale sono ricche di frutta, verdura, cereali integrali, fagioli e legumi, tutti alimenti ben noti per i benefici che apportano alla salute. Non dovrebbe quindi sorprendere il fatto che chi segue un’alimentazione a base vegetale ricca di tali cibi salutari, incorra in un rischio minore di contrarre molte malattie, incluse le malattie cardiache, alcuni tipi di cancro e il diabete di tipo 2». L’espressione “alimentazione a base vegetale” non è sinonimo di dieta vegetariana o vegana, ma semplicemente di regime alimentare che dà ampio spazio a frutta e verdura.

Un mix di benefici di cui far tesoro.

Tutti conoscono la ricchezza in vitamine e sali minerali degli alimenti vegetali, che già da sola ne fa dei cibi ai quali non si deve mai rinunciare. Ma i vantaggi derivanti da un consumo di abbondante frutta e verdura vanno anche oltre questo aspetto. «I benefici – prosegue l’Eufic – sono probabilmente dovuti a una combinazione di fattori, tra i quali una densità energetica più bassa, un maggior apporto di vitamine, minerali, grassi insaturi e fibre, una riduzione di grassi saturi, zuccheri, sale e carni rosse lavorate. Inoltre, chi segue un’alimentazione a base vegetale tende a essere più attento alla salute e a seguire uno stile di vita più sano (ad es. fuma di meno, è più attivo fisicamente e consuma alcol moderatamente) rispetto alle altre persone. Per questo motivo possiamo affermare che i benefici osservati per le alimentazioni a base vegetale potrebbero anche essere attribuiti ad altre abitudini sane».

Attenzione agli altri alimenti.

Consumare molti vegetali non basta a considerare la propria dieta sana. Anche l’assunzione di altri alimenti, dei condimenti e del sale deve essere controllata. «Come tutti i tipi di alimentazione, la quantità e la qualità degli alimenti sono di cruciale importanza nel determinare i benefici per la salute – osserva l’Eufic -. Una dieta a base vegetale, ma ricca di cibi grassi, zuccheri e sale porterà a un rischio maggiore di contrarre malattie, come ogni altro tipo di alimentazione non salutare». Per godere appieno dei benefici degli ortaggi è inoltre importante ricordare di scegliere prevalentemente prodotti stagionali e di variare spesso, così da non limitarsi all’assunzione solo di alcuni nutrienti, ma di fare il possibile per fare il pieno di tutti quanti.