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Uso dei farmaci, il vademecum per una somministrazione corretta

Attraverso un nuovo vademecum, Farmindustria e Federsanità Anci illustrano le buone pratiche sull’uso corretto dei farmaci. Il documento riprende la definizione di farmaco, spiegandone la funzione sull’organismo e le possibili interazioni tra diversi medicinali e tra medicinali e altre sostanze. «Queste interazioni – si legge nel vademecum – non vanno sottovalutate poiché possono ridurre l’efficacia di una terapia o aumentare la comparsa di effetti indesiderati». È fondamentale quindi che il medico, sulla base delle interazioni già note, prescriva farmaci che non interferiscono con una terapia già in corso e che il paziente lo informi tempestivamente in caso di effetti indesiderati. Per limitare al massimo i rischi di eventuali interazioni, il vademecum raccomanda inoltre di «evitare di assumere farmaci di propria iniziativa che non siano strettamente necessari, soprattutto se si sta già seguendo una cura, consultare il medico sulle possibili interazioni dei farmaci prescritti e informarlo sempre sui farmaci che si stanno già assumendo al momento di una nuova prescrizione, chiedere informazioni al farmacista sulle interazioni al momento dell’acquisto di farmaci da banco».

Interazioni farmaci-alimenti.

Alcune interazioni si possono verificare anche tra medicinali e alimenti. Il vademecum precisa infatti che «i farmaci possono interagire con gli alimenti o con gli integratori dietetici. Le interazioni sono numerose e in alcuni casi tali da interferire con la cura in atto o essere dannose. Risulta, inoltre, fondamentale conoscere la corretta assunzione di un farmaco in relazione ai pasti. Il cibo presente nello stomaco, infatti, può favorire o sfavorire l’assorbimento dei medicinali, influenzando l’efficacia della terapia». Sulla base delle interazioni note, si ricorda che latte, latticini e integratori contenenti calcio possono ridurre l’assorbimento di alcuni antibiotici, gli integratori dietetici a base di fibre possono diminuire l’efficacia dei farmaci per l’epilessia, il succo di pompelmo può modificare il metabolismo intestinale ed epatico di molti farmaci. Inoltre i sostituti del sale comune possono interagire con alcuni farmaci utilizzati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa e dei disturbi cardiaci. Il vademecum sottolinea poi gli effetti dell’alcool che «può interagire con molti farmaci, soprattutto nella fase del loro metabolismo a livello epatico. È necessario ricordare che l’interazione tra alcool e farmaci è imprevedibile e, a volte, pericolosa, e che l’alcool è in grado di potenziare la sonnolenza e l’effetto sedativo tipico di molti farmaci».

Il foglietto illustrativo.

Ogni farmaco, per legge, è sempre accompagnato da un’indicazione terapeutica ben definita che viene descritta nel foglietto illustrativo. Questo documento ha valore legale e contiene tutte le informazioni relative alla composizione del medicinale, alle patologie per le quali è indicato, alle modalità di somministrazione e di conservazione, ai rischi che potrebbero verificarsi in caso, ad esempio, di sovradosaggio o di interazione con altri farmaci che si stanno assumendo. Come spiega il vademecum, il foglietto è suddiviso in sezioni con indicazioni terapeutiche (a cosa serve), controindicazioni (chi non lo deve assumere), precauzioni d’uso (chi può prenderlo ma con attenzione), avvertenze speciali (consigli di utilizzo in casi particolari), posologia (quanto assumerne e per quanto tempo), effetti indesiderati (detti anche “reazioni avverse”, sono effetti spiacevoli che il farmaco potrebbe causare, interazioni (con quali farmaci può interagire), sovradosaggio (cosa fare in caso di assunzione di una dose troppo forte)».

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Quanta fatica prendere decisioni

Cosa mangiare a colazione, quali abiti indossare prima di uscire, come risolvere problemi di lavoro, solo per citare alcuni esempi. E a fine giornata, se siamo a pezzi, è probabile che una delle cause sia proprio il cosiddetto affaticamento decisionale. Si tratta di quella fatica che si prova quando prendere decisioni diventa estenuante, opprimente, al di là della complessità delle scelte da fare o, viceversa, della loro eventuale banalità, afferma Lynn Bufka, direttrice esecutiva associata dell’American Psycological Association. Basti pensare anche solo agli ultimi due anni, quelli terribili della pandemia da COVID-19. Alle persone è stato detto che non c’era bisogno di indossare mascherine protettive, poi che dovevano indossare, poi che ne dovevano indossare di determinate tipologie, poi he andavano indossate obbligatoriamente in luoghi specifici.

Prendere continuamente decisioni simili, riadattarle in base alle indicazioni ricevute, e farlo quotidianamente fino alla prossima disposizione di legge, richiede uno sforzo mentale che va a sommarsi a – e a complicare – quello compiuto abitualmente nella gestione di altre scelte quotidiane, comprese quelle impreviste. Provare affaticamento decisionale può compromettere il proprio giudizio e incoraggiare a prendere decisioni frettolosamente o addirittura a evitare di prenderle. “Le persone temono di prendere decisioni di cui poi si pentiranno solo perché non hanno pensato con la dovuta calma a tutte le opzioni ma hanno scelto d’impulso o, per comodità, hanno considerato un’opzione predefinita”, ha affermato Grant Pignatiello, istruttore e studioso di ricerca clinica KL2 presso la Case Western Reserve University di Cleveland. Come si riconosce l’affaticamento decisionale? In base ad alcuni segnali ai quali prestare attenzione.

Ad esempio, se ci si sente particolarmente irritabili e si affrontano con maggiore difficoltà situazioni altrimenti gestite più serenamente, allora si potrebbero accusare i sintomi del famigerato affaticamento decisionale. Oppure, il lamentarsi di scelte che normalmente si sarebbero fatte ad occhi chiusi, può rivelare un affaticamento decisionale latente. Uno dei modi migliori per ridurre questo tipo di sovraccarico mentale è quello di automatizzare una serie di decisioni quotidiane. Non è un caso, ad esempio, se alcuni amministratori delegati indossino sempre lo stesso modello d’abito o lo stesso outfit tutti i giorni, quasi che il loro guardaroba sia composto esclusivamente di quei capi tutti uguali, ormai diventati una sorta di divisa. Quando si prendono molte decisioni ogni giorno, decisioni che impattano profondamente sulla vita di altre persone, allora bisogna assicurarsi di avere a propria disposizione tutte le risorse disponibili per fare quelle scelte nel modo più lucido e ponderato possibile, ha spiegato Pignatiello.

Dunque alcune scelte meno importanti di altre, come quella di “cosa indossare al mattino per andare al lavoro” possono tranquillamente essere “automatizzate”. Altro metodo per ridurre la fatica di decidere è quello di anticipare i tempi ad alto tasso di concentrazione cognitiva ed emotiva allo scopo di diminuire il numero di decisioni da prendere in quel determinato periodo. Meglio prendere alcune decisioni in anticipo oppure delegarle a qualcun altro per tempo. Ancora, se si convive con qualcuno, dividersi i compiti, le cose da fare, aiuta a ridurre il carico decisionale sul proprio cervello. E anche queste decisioni “strategiche” per arginare l’affaticamento decisionale dovrebbero essere prese – a maggiore ragione – gradualmente, senza caricare di ulteriore stress mentale ed emotivo la vita di ogni giorno.

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Zecche: cosa c’è da sapere, i chiarimenti dell’Istituto superiore di sanità

In vista dei mesi estivi, notoriamente più caldi, l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha fornito diverse delucidazioni relative alle zecche, ovvero «artropodi, appartenenti all’ordine degli Ixodidi compreso nella classe degli Aracnidi, la stessa di ragni, acari e scorpioni». L’Istituto ha ricordato che «il ciclo biologico delle zecche, che può compiersi su uno stesso ospite oppure su due o tre ospiti diversi, si sviluppa attraverso 4 stadi: uovo, larva, ninfa e adulto. Dopo la schiusa delle uova, il passaggio da uno stadio a quello successivo richiede un pasto di sangue, sia per le femmine che per i maschi. Le femmine adulte, inoltre, necessitano del pasto di sangue per la maturazione delle uova». L’Iss evidenzia che «in genere le zecche non sono molto selettive nella scelta dell’organismo da parassitare, ma possono scegliere diverse specie animali dai cani ai cervi, agli scoiattoli fino all’uomo; le stesse specie che si nutrono su grandi mammiferi possono parassitare anche gli uccelli quando sono nello stadio di larva e ninfa. Il pasto di sangue, durante il quale la zecca rimane costantemente attaccata all’ospite, si compie nell’arco di ore per le zecche molli, di giorni o settimane per quelle dure».

Habitat preferito dalle zecche.

Quanto all’habitat, l’Iss puntualizza che quello preferito dalle zecche «è rappresentato da luoghi ricchi di vegetazione erbosa e arbustiva, con preferenze ambientali che dipendono dalla specie. La zecca dei boschi prospera in presenza di clima fresco e umido mentre la zecca del cane frequenta maggiormente zone a clima caldo e asciutto o dove la vegetazione è più rada. La presenza delle zecche dipende essenzialmente dalla presenza di ospiti da parassitare sul territorio. Per questo, luoghi come stalle, ricoveri di animali e pascoli sono tra i loro ambienti preferiti». Utile da ricordare una differenza importante: «Le zecche non saltano e non volano sugli ospiti sui quali si nutrono ma generalmente si portano sull’estremità delle piante erbacee o dei cespugli aspettando il passaggio di un animale al quale aggrapparsi (uomo incluso)».

Prevenzione per l’uomo.

Sulla base di quanto evidenzia l’Iss «esistono alcune precauzioni per ridurre significativamente la possibilità di venire a contatto con le zecche, o almeno per individuarle rapidamente, prima che possano trasmettere una malattia. In generale». In aggiunta a ciò «è consigliato indossare abiti chiari (perché rendono più facile l’individuazione delle zecche), coprire le estremità, soprattutto inferiori, con calze chiare (meglio stivali), utilizzare pantaloni lunghi e preferibilmente un cappello», ma anche «evitare di strusciare l’erba lungo il margine dei sentieri, non addentrarsi nelle zone in cui l’erba è alta». A ciò si aggiunge la buona abitudine di «effettuare un attento esame visivo e tattile della propria pelle, dei propri indumenti e rimuovere le zecche eventualmente presenti» al termine dell’escursione. Ciò perché «le zecche tendono a localizzarsi preferibilmente sulla testa, sul collo, dietro le ginocchia, sui fianchi» e «trattare sempre gli animali domestici (cani) con appositi prodotti contro le zecche, soprattutto a ridosso di una escursione». Infine «controllare, scuotere ed eventualmente spazzolare gli indumenti prima di portarli all’interno delle abitazioni per poi lavarli».

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Per il 90% degli italiani lo sport è fondamentale per la salute, sia fisica che mentale

8 italiani su 10 considerano l’attività motoria utile alla prevenzione delle malattie, mentre il 79% vorrebbe praticare più sport di quello che riesce a fare nella vita di tutti i giorni. Sono questi i risultati emersi da una ricerca di Human Highway per Assosalute, Associazione Nazionale Farmaci di Automedicazione, presentati in occasione dell’evento “Salute e movimento: dalla prevenzione ai rimedi per i piccoli disturbi”, tenutosi all’Hotel Palazzo Montemartini di Roma lo scorso 24 maggio.

Dal 2012 ad oggi è cresciuta progressivamente la quota di coloro che praticano attività sportiva: 59,3% nel 2012, 64,2% nel 2017, 69,2% nel 2022. A non fare sport restano però in molti, specie tra le donne (38,2% rispetto al 23,5% degli uomini) e tra le persone di mezza età (40,7% tra i 45 e i 54 anni, 37,5% per gli over 55 e 54,8% tra gli over 65). Quali sono i principali impedimenti nel fare attività fisica regolarmente? La scarsa pazienza/costanza, la pigrizia e la mancanza di tempo libero dovuta agli impegni di lavoro. “I benefici dell’attività fisica”, spiega il prof. Michelangelo Giampietro, Specialista in Medicina dello Sport e in Scienze dell’Alimentazione presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma, “dipendono in minima parte dal dispendio energetico che si ottiene durante il periodo di allenamento.

L’attività fisica, tuttavia, ha benefici complessivi per la salute poiché agisce positivamente sull’intero organismo grazie alla sua azione antinfiammatoria e antiossidante: la prima permette di intercettare, prevenire e controllare tutte quelle malattie cronicodegenerative, metaboliche e cardiovascolari (ad esempio, obesità, diabete, sindrome metabolica, ipertensione, ecc.), la cui presenza è la manifestazione di uno stato di infiammazione latente e silenziosa di basso grado (inflammaging) prodotta da stili di vita sbagliati e dall’avanzare dell’età, elementi che riducono le difese immunitarie. L’azione antiossidante, invece, ottenuta con la pratica regolare dell’esercizio fisico, potenzia le difese dell’organismo e crea una sorta di ‘barriera protettiva’”.

Praticare sport, movimento fisico, non fa bene solamente a muscoli, articolazioni, metabolismo, intestino… ma anche alla mente, alla sfera psichica dell’individuo. Questo perché “favorisce”, continua il Professore, “la produzione di sostanze che hanno un effetto euforizzante e tonificante. In particolare, con il lavoro muscolare si liberano nel cervello particolari neurotrasmettitori, le endorfine, dotate di attività analgesica ed eccitante, che svolgono un’azione simile alla morfina e ad altre sostanze oppiacee.

Inoltre, per effetto dell’attività fisica, l’organismo produce anche altre sostanze che ci aiutano a stare bene. Vale la pena ricordare, in particolare, l’irisina (l’ormone dello sport) e la feniletilamina (l’ormone del “colpo di fulmine”), sostanze che hanno effetti positivi sull’umore e lo stato di benessere psicologico, mentale e cognitivo.” “Se praticato con regolarità”, aggiunge Giampietro, “lo sport è in grado di generare un senso di felicità e piacevole spossatezza, che incide positivamente sulla qualità del sonno e sul nostro benessere in generale”.

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Obesità infantile: 120 milioni di bambini obesi negli ultimi 40 anni

Sono ormai 120 milioni, tra bambini e adolescenti, in forte sovrappeso nel mondo. Fra il 1975 e il 2016 i bambini e gli adolescenti obesi sono passati da 5 a 50 milioni tra le femmine e da 6 a 74 milioni tra i maschi. Il problema si rivela particolarmente serio in proiezione futura, visto che il 40% dei bambini obesi oggi diventeranno adolescenti obesi domani e che l’80% degli adolescenti obesi saranno adulti obesi. L’Italia è uno dei paesi europei con il più alto tasso di obesità infantile, insieme a Cipro, Grecia e Spagna. La pandemia ha peggiorato la situazione, vista la sospensione delle attività sportive, la maggiore sedentarietà e l’aumento del consumo di alimenti calorici.

Secondo un’indagine condotta nell’anno cruciale del lockdown per COVID-19, il 2020, ad aver mangiato di più e peggio sono stati proprio bambini e adolescenti fra i 12 e i 18 anni. Annamaria Staiano, Presidente della Società Italiana di Pediatria: “L’obesità è un modello precursore di malattie croniche che il Servizio Sanitario Nazionale deve affrontare in epoche successive della vita. Occorre investire sulla prevenzione di questa emergenza sociale e delle sue complicanze. Sono infatti in aumento anche le malattie correlate, tra cui il diabete di tipo 2, in crescita tra i bambini e che paradossalmente in passato veniva chiamato diabete dell’adulto”. Come contrastare l’obesità infantile? Con una sana alimentazione, attività fisica regolare, un buon riposo sostengono i pediatri. Quando si dice “sana alimentazione” si fa riferimento, ormai da decenni, alla dieta mediterranea che, come ricorda la Presidente Staiano, è patrimonio dell’Unesco.

“Abbiamo questo patrimonio, cerchiamo di usarlo. Sollecitiamo le mamme ad usare prodotti quanto meno raffinati possibili: ritorniamo a una dieta del passato, sana, ricca di cereali, carboidrati complessi, che danno sazietà al bambino, senza ricorrere invece a prodotti che hanno una quantità enorme di zuccheri semplici, come succhi di frutta e bevande zuccherate, che favoriscono l’insorgenza di obesità. È poi importante mangiare frutta, verdura, pesce, carne bianca e raramente quella rossa, usare come condimento l’olio d’oliva e limitare l’uso, se possibile evitarlo proprio, di scatolame e alimenti conservati, perché si sta osservando che gli additivi alimentari e gli emulsionanti contribuiscono all’infiammazione cronica dei tessuti, fattori di rischio per l’insorgenza di diabete e malattie infiammatorie croniche intestinali”.