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Difendersi dal caldo: il decalogo “salva vita” per anziani e fragili

Senior Italia-FederAnziani, la federazione della terza età, ha diffuso un decalogo anti-caldo pensato per proteggere anziani e persone fragili. Secondo la sigla, infatti, «non bisogna abbassare la guardia e seguire queste regole fondamentali per evitare il terribile bollettino di morti a cui siamo tristemente abituati». Tra le misure da mettere in atto «non uscire nelle ore più calde della giornata, ovvero dalle 12 alle 17», «bere almeno un litro e mezzo di liquidi al giorno, in modo da reintegrare le perdite quotidiane di sali minerali. Evitare bevande alcoliche, gassate, troppo zuccherate e troppo fredde. Non eccedere con caffè o tè».

A queste seguono consigli alimentari tra cui «consumare pasti leggeri. Preferire pasta, frutta, verdura, gelati alla frutta. Evitare cibi grassi e piccanti», ma anche «arieggiare l’ambiente dove si vive, anche con l’uso di un ventilatore, evitando di esporsi alla ventilazione diretta». Utile anche «tenere il capo riparato dal sole» e «indossare abiti leggeri, non aderenti, di colore chiaro e tessuti naturali perché le fibre sintetiche ostacolano il passaggio dell’aria».

Inoltre «non esporsi al sole in modo prolungato. Se, in seguito a un’eccessiva esposizione, dovesse insorgere mal di testa, fare impacchi con acqua fresca per abbassare la temperatura corporea» e «non restate all’interno di automobili parcheggiate al sole». Quanto alla terapia farmacologica in atto «non interrompere le terapie mediche, né sostituire i farmaci che si assumono abitualmente, di propria iniziativa. Consultare sempre il medico per ogni eventuale modifica delle cure che si stanno seguendo». Infine «se è possibile, è consigliabile andare in vacanza in località collinari o termali».

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Sali minerali: essenziale reintegrarli con acqua, frutta e verdura

L’Istituto superiore di sanità (Iss) definisce i sali minerali «sostanze inorganiche che, pur rappresentando complessivamente solo il 6,2% del peso corporeo, svolgono funzioni essenziali per la vita dell’uomo. Partecipano infatti ai processi cellulari come la formazione di denti e ossa, sono coinvolti nella regolazione dell’equilibrio idrosalino, nell’attivazione di numerosi cicli metabolici e costituiscono fattori determinanti per la crescita e lo sviluppo di tessuti e organi». Parliamo quindi di nutrienti di cui non possiamo fare a meno. L’organismo però non è in grado di sintetizzarli in modo autonomo e deve assimilarli attraverso l’acqua e gli alimenti, tenendo conto del fatto che i sali minerali non sono sempre totalmente “biodisponibili”, il che significa che spesso la quantità introdotta non corrisponde a quella che verrà assimilata. Per tale motivo, a volte, pur seguendo una dieta abbastanza equilibrata, può essere necessario ricorrere a integrazioni di uno o più sali minerali su consiglio del medico o del farmacista, che sapranno indicare il prodotto più efficace e sicuro da assumere. Anche gli integratori, infatti, possono avere effetti collaterali o interferire con terapie farmacologiche o parafarmaci, per cui la scelta della supplementazione da assumere deve essere effettuata da uno specialista della salute.

Di quali minerali abbiamo bisogno?.

I sali minerali si suddividono in due categorie, i macroelementi e gli oligoelementi (o microelementi). I primi sono quelli presenti nell’organismo in quantità discrete, al massimo di qualche grammo, come il calcio, il fosforo, il magnesio, il sodio, il potassio, il cloro e lo zolfo. In merito agli oligoelementi, che sono quelli presenti nell’organismo in dosi di qualche milligrammo o in tracce, va sottolineato che svolgono comunque funzioni biologiche molto importanti. Come spiega l’Iss, si possono suddividere in: «essenziali, la cui carenza compromette funzioni fisiologiche vitali (ferro, rame, zinco, fluoro, iodio, selenio, cromo, cobalto), probabilmente essenziali (manganese, silicio, nichel, vanadio) e potenzialmente tossici, in quanto possono provocare gravi danni all’organismo se presenti ad alte concentrazioni».

Come reintegrarli.

Se da un lato l’assimilazione dei sali minerali è facilitata dal fatto che, a differenza delle vitamine, questi non si alterano né si disperdono durante la cottura, dall’altro bisogna ricordare che vengono continuamente eliminati attraverso il sudore, le urine e le feci. E sebbene il loro fabbisogno per il corpo umano sia minimo, è comunque fondamentale prevederne una corretta assunzione quotidiana attraverso il proprio regime alimentare. La bevanda per eccellenza più ricca di sali minerali è naturalmente l’acqua, che va sempre consumata in abbondanti quantità, specie quando fa molto caldo. Se si trascorrono molte ore fuori casa, è quindi importante portare con sé una bottiglia o una borraccia d’acqua o accertarsi di potersela procurare facilmente. Occorre bere costantemente, senza aspettare di avere troppa sete, così da mantenersi sempre idratati e mai carenti di sali minerali. A questo scopo è bene consumare anche tanta frutta (compresa quella secca e in guscio) e verdura di ogni tipo. Anche carne, pesce e latticini contengono buoni quantitativi di sali minerali ed è quindi raccomandato variare spesso gli alimenti per non rischiare carenze o eccessi di nutrienti.

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Bambini vegetariani vs bambini carnivori: simili nella crescita ma non nel peso

Lo studio pubblicato sulla rivista Pediatrics ha valutato, fra gli altri parametri, anche lo stato di peso e l’altezza di quasi 9.000 bambini, di età compresa fra i 6 mesi e gli 8 anni. Le informazioni sulle diete seguite dai partecipanti (vegetariani/vegani, non vegetariani) sono state fornite dai genitori. Ad ogni visita di controllo sullo stato di salute dei bambini venivano misurati indice di massa corporea, peso, altezza, livelli di colesterolo, trigliceridi, livelli di vitamina D e di ferro.

In base a questi valori, i ricercatori non hanno rilevato sostanziali differenze tra bambini vegetariani e non vegetariani. Tuttavia i primi avevano quasi il doppio delle probabilità di essere sottopeso rispetto ai bambini carnivori. Il che può significare che la dieta non è opportunamente bilanciata e dunque insufficiente a sostenere la crescita di un bambino. Questi risultati incoraggiano “la necessità di un’attenta pianificazione dietetica per i bambini sottopeso quando si considerano le diete vegetariane”, ha affermato il dottor Jonathon Maguire, autore principale dello studio e pediatra del St. Michael’s Hospital of Unity Health di Toronto, Canada.

I bambini sottopeso vegetariani e non vegetariani erano simili, molto piccoli e di origine asiatica. “L’etnia potrebbe certamente aver avuto un ruolo nella determinazione del peso” ha affermato la dott.ssa Maya Adam, assistente clinica nel dipartimento di pediatria della Stanford School of Medicine. Ma al di là della dieta scelta dai genitori per i propri figli, ciò che conta è il percorso di crescita e sviluppo corretto del bambino, il più possibile pianificato e monitorato nel corso del tempo. Con l’aiuto di un nutrizionista professionista è possibile verificare lo stato di crescita dei bambini e le loro esigenze nutritive.

L’obiettivo di fondo deve essere lo stesso, sia per chi segue una dieta carnivora che vegetariana: garantire un adeguato apporto nutrizionale all’organismo del bambino, in base alle sue caratteristiche soggettive e allo stile di vita che conduce. In una dieta vegetariana per bambini non dovrebbero mai mancare uova, latticini, prodotti a base di soia, noci, semi oltre a frutta, verdura, fagioli e lenticchie, oli, cereali. Indispensabili gli alimenti ricchi di ferro e di vitamina B12, dato che le fonti vegetali di tali nutrienti sono meno biodisponibili (ovvero assorbiti meno velocemente dall’organismo) rispetto agli alimenti di origine animale.

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Uso dei farmaci, il vademecum per una somministrazione corretta

Attraverso un nuovo vademecum, Farmindustria e Federsanità Anci illustrano le buone pratiche sull’uso corretto dei farmaci. Il documento riprende la definizione di farmaco, spiegandone la funzione sull’organismo e le possibili interazioni tra diversi medicinali e tra medicinali e altre sostanze. «Queste interazioni – si legge nel vademecum – non vanno sottovalutate poiché possono ridurre l’efficacia di una terapia o aumentare la comparsa di effetti indesiderati». È fondamentale quindi che il medico, sulla base delle interazioni già note, prescriva farmaci che non interferiscono con una terapia già in corso e che il paziente lo informi tempestivamente in caso di effetti indesiderati. Per limitare al massimo i rischi di eventuali interazioni, il vademecum raccomanda inoltre di «evitare di assumere farmaci di propria iniziativa che non siano strettamente necessari, soprattutto se si sta già seguendo una cura, consultare il medico sulle possibili interazioni dei farmaci prescritti e informarlo sempre sui farmaci che si stanno già assumendo al momento di una nuova prescrizione, chiedere informazioni al farmacista sulle interazioni al momento dell’acquisto di farmaci da banco».

Interazioni farmaci-alimenti.

Alcune interazioni si possono verificare anche tra medicinali e alimenti. Il vademecum precisa infatti che «i farmaci possono interagire con gli alimenti o con gli integratori dietetici. Le interazioni sono numerose e in alcuni casi tali da interferire con la cura in atto o essere dannose. Risulta, inoltre, fondamentale conoscere la corretta assunzione di un farmaco in relazione ai pasti. Il cibo presente nello stomaco, infatti, può favorire o sfavorire l’assorbimento dei medicinali, influenzando l’efficacia della terapia». Sulla base delle interazioni note, si ricorda che latte, latticini e integratori contenenti calcio possono ridurre l’assorbimento di alcuni antibiotici, gli integratori dietetici a base di fibre possono diminuire l’efficacia dei farmaci per l’epilessia, il succo di pompelmo può modificare il metabolismo intestinale ed epatico di molti farmaci. Inoltre i sostituti del sale comune possono interagire con alcuni farmaci utilizzati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa e dei disturbi cardiaci. Il vademecum sottolinea poi gli effetti dell’alcool che «può interagire con molti farmaci, soprattutto nella fase del loro metabolismo a livello epatico. È necessario ricordare che l’interazione tra alcool e farmaci è imprevedibile e, a volte, pericolosa, e che l’alcool è in grado di potenziare la sonnolenza e l’effetto sedativo tipico di molti farmaci».

Il foglietto illustrativo.

Ogni farmaco, per legge, è sempre accompagnato da un’indicazione terapeutica ben definita che viene descritta nel foglietto illustrativo. Questo documento ha valore legale e contiene tutte le informazioni relative alla composizione del medicinale, alle patologie per le quali è indicato, alle modalità di somministrazione e di conservazione, ai rischi che potrebbero verificarsi in caso, ad esempio, di sovradosaggio o di interazione con altri farmaci che si stanno assumendo. Come spiega il vademecum, il foglietto è suddiviso in sezioni con indicazioni terapeutiche (a cosa serve), controindicazioni (chi non lo deve assumere), precauzioni d’uso (chi può prenderlo ma con attenzione), avvertenze speciali (consigli di utilizzo in casi particolari), posologia (quanto assumerne e per quanto tempo), effetti indesiderati (detti anche “reazioni avverse”, sono effetti spiacevoli che il farmaco potrebbe causare, interazioni (con quali farmaci può interagire), sovradosaggio (cosa fare in caso di assunzione di una dose troppo forte)».

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Quanta fatica prendere decisioni

Cosa mangiare a colazione, quali abiti indossare prima di uscire, come risolvere problemi di lavoro, solo per citare alcuni esempi. E a fine giornata, se siamo a pezzi, è probabile che una delle cause sia proprio il cosiddetto affaticamento decisionale. Si tratta di quella fatica che si prova quando prendere decisioni diventa estenuante, opprimente, al di là della complessità delle scelte da fare o, viceversa, della loro eventuale banalità, afferma Lynn Bufka, direttrice esecutiva associata dell’American Psycological Association. Basti pensare anche solo agli ultimi due anni, quelli terribili della pandemia da COVID-19. Alle persone è stato detto che non c’era bisogno di indossare mascherine protettive, poi che dovevano indossare, poi che ne dovevano indossare di determinate tipologie, poi he andavano indossate obbligatoriamente in luoghi specifici.

Prendere continuamente decisioni simili, riadattarle in base alle indicazioni ricevute, e farlo quotidianamente fino alla prossima disposizione di legge, richiede uno sforzo mentale che va a sommarsi a – e a complicare – quello compiuto abitualmente nella gestione di altre scelte quotidiane, comprese quelle impreviste. Provare affaticamento decisionale può compromettere il proprio giudizio e incoraggiare a prendere decisioni frettolosamente o addirittura a evitare di prenderle. “Le persone temono di prendere decisioni di cui poi si pentiranno solo perché non hanno pensato con la dovuta calma a tutte le opzioni ma hanno scelto d’impulso o, per comodità, hanno considerato un’opzione predefinita”, ha affermato Grant Pignatiello, istruttore e studioso di ricerca clinica KL2 presso la Case Western Reserve University di Cleveland. Come si riconosce l’affaticamento decisionale? In base ad alcuni segnali ai quali prestare attenzione.

Ad esempio, se ci si sente particolarmente irritabili e si affrontano con maggiore difficoltà situazioni altrimenti gestite più serenamente, allora si potrebbero accusare i sintomi del famigerato affaticamento decisionale. Oppure, il lamentarsi di scelte che normalmente si sarebbero fatte ad occhi chiusi, può rivelare un affaticamento decisionale latente. Uno dei modi migliori per ridurre questo tipo di sovraccarico mentale è quello di automatizzare una serie di decisioni quotidiane. Non è un caso, ad esempio, se alcuni amministratori delegati indossino sempre lo stesso modello d’abito o lo stesso outfit tutti i giorni, quasi che il loro guardaroba sia composto esclusivamente di quei capi tutti uguali, ormai diventati una sorta di divisa. Quando si prendono molte decisioni ogni giorno, decisioni che impattano profondamente sulla vita di altre persone, allora bisogna assicurarsi di avere a propria disposizione tutte le risorse disponibili per fare quelle scelte nel modo più lucido e ponderato possibile, ha spiegato Pignatiello.

Dunque alcune scelte meno importanti di altre, come quella di “cosa indossare al mattino per andare al lavoro” possono tranquillamente essere “automatizzate”. Altro metodo per ridurre la fatica di decidere è quello di anticipare i tempi ad alto tasso di concentrazione cognitiva ed emotiva allo scopo di diminuire il numero di decisioni da prendere in quel determinato periodo. Meglio prendere alcune decisioni in anticipo oppure delegarle a qualcun altro per tempo. Ancora, se si convive con qualcuno, dividersi i compiti, le cose da fare, aiuta a ridurre il carico decisionale sul proprio cervello. E anche queste decisioni “strategiche” per arginare l’affaticamento decisionale dovrebbero essere prese – a maggiore ragione – gradualmente, senza caricare di ulteriore stress mentale ed emotivo la vita di ogni giorno.