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Benessere del piede, prevenire i disturbi con cure quotidiane

Diversi disturbi comuni a carico dei piedi e delle sue parti possono avere effetti negativi sulla vita quotidiana. Dolore e bruciore ai piedi, infatti, influenzano la scelta delle calzature da usare e limitano la libertà di movimento. Questa parte del corpo, quindi, va curata adeguatamente per prevenire varie possibili problematiche. Fortunatamente non mancano soluzioni efficaci e mirate a prendersi cura del piede. Dal tallone alle punte sono diversi i problemi ai quali si può andare incontro, sia a causa di scarpe inadeguate al proprio piede o inadatte a specifiche occasioni, come accade correndo o camminando a lungo con calzature rigide e non ammortizzate, o quando si indossano scarpe con tacchi alti e punte strette per molte ore. In altri casi, a determinare problemi ai piedi possono essere traumi, infezioni, lunghe sessioni di sport e, nei più giovani, anche la crescita.

A ogni problema il suo rimedio.

Pianta del piede, tallone, dita e unghie sono tutti soggetti a potenziali disturbi che richiedono rimedi specifici. Talvolta si può verificare un’infiammazione della pianta del piede o del tallone. In entrambi i casi camminare diventa un problema perché il dolore può essere invalidante. Come prevenzione, alle prime avvisaglie di questi problemi è opportuno dotarsi di apposite solette, disponibili sia per la pianta sia solo per il tallone, che contribuiscono ad ammortizzare la suola delle scarpe e a ridurre l’impatto del piede con il terreno. Se il dolore è forte, può essere opportuno assumere degli antidolorifici su consiglio del medico o del farmacista, che potranno anche suggerire l’uso di creme locali. Nei casi più importanti può infine essere necessario un plantare ortopedico su misura da inserire nella scarpa. Altri frequenti nemici del piede sono calli e duroni. In caso si presentino, è possibile ricorrere a un trattamento di rimozione, attraverso appositi kit acquistabili in farmacia, che includono strumenti per grattare, levigare e rimuovere gli indurimenti e cerotti specifici per isolare le callosità e permettere di ridurre il dolore quando si indossano le scarpe. Anche le unghie possono subire danni, spezzandosi male, schiacciandosi o a causa di una micosi. Per proteggerle, è bene tagliarle con cura, evitando di lasciare schegge che potrebbero provocare taglietti alla pelle, favorendo le infezioni. Per le micosi sono disponibili creme e smalti specificamente studiate per curare questa patologia.

Cure quotidiane per un benessere generale.

Anche in assenza di patologie, curare i piedi ne favorisce il benessere, alleviandone la stanchezza ed evitando il proliferare dei disturbi visti sopra. L’uso quotidiano di detergenti antibatterici, igienizza la pelle, la deodora e previene le infezioni. Applicando una crema idratante o nutriente, si rinforza la barriera epidermica, riducendo il rischio di spaccature nella pelle che, ammorbidita, evita anche di screpolarsi e di indurirsi, prevenendo così il formarsi di callosità. Queste vengono limitate anche dall’uso regolare di una limetta specifica che gratta le parti ruvide e gli inspessimenti nelle prime fasi. In caso poi di calzature troppo rigide o di frequenti problemi ai piedi, ma anche per camminare meglio, usare abitualmente le apposite solette in gel dona comfort e previene molti disturbi.

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Alcol, sostanza tossica e potenzialmente cancerogena

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato nel 2018 il “Global status report on alcohol and health”, uno studio analitico, basato su dati rilevati nel 2016, sull’impatto del consumo di alcol sulla salute a livello globale. Secondo quanto riportato, circa 3 milioni di morti, che rappresentano il 5,3% di tutti decessi e il 5,1% degli anni di vita persi a causa di malattia, disabilità o morte prematura sono attribuibili all’alcol. «L’alcol è una sostanza tossica, potenzialmente cancerogena e con la capacità di indurre dipendenza – spiega il ministero della Salute -. Al contrario di quanto si ritiene comunemente, l’alcol non è un nutriente e il suo consumo non è utile all’organismo o alle sue funzioni. Causa invece danni diretti alle cellule di molti organi, soprattutto fegato e sistema nervoso centrale, e in particolare alle cellule del cervello». I rischi e i danni alla salute legati all’abuso di alcol possono essere diretti o indiretti.

Danni diretti dovuti a eccesso di alcol.

Tra i rischi derivanti direttamente dall’assunzione di alcol in eccesso, il più comune è la sindrome o crisi di astinenza. Tale condizione è considerata una patologia reversibile, la cui durata e intensità è soggettiva e dipende in ampia misura sia dal tipo e dalla quantità degli alcolici assunti sia dalla durata del periodo in cui si è fatto uso di queste bevande. «L’uso continuativo di alcol in quantità eccessive – dichiarano gli esperti del ministero della Salute – produce effetti simili a quelli di altre sostanze psicotrope anche illegali, quali induzione della dipendenza psichica e fisica, assuefazione, craving, compulsività e altri disturbi del comportamento, con danni particolarmente rilevanti anche a livello sociale. La crisi di astinenza è caratterizzata da tremori, nausea, vomito, cefalea, sudorazione, ansia, disturbi dell’umore, talvolta crisi epilettiche e può evolvere in certi casi fino al delirium tremens». Un altro grave pericolo che si corre abusando di sostanze alcoliche è il coma etilico, chiamato anche intossicazione acuta da alcol. Ciò avviene al raggiungimento di eccessivi livelli di alcol etilico nel sangue che possono provocare danni irreversibili al sistema nervoso o addirittura il decesso.

Patologie correlate ad alcolismo.

Un consumo eccessivo di alcol protratto nel tempo può essere causa di numerose patologie, a carico di apparati e organi diversi. Tra le malattie che l’alcolismo provoca all’apparato gastroenterico troviamo esofagite, gastrite, steatosi, epatite acuta e cronica, cirrosi epatica, pancreatiti e tumori, mentre i danni al sistema nervoso centrale e periferico comprendono atrofia cerebrale e polinevriti. Il ministero della Salute mette in guardia anche da altri rischi. «Altri sistemi risultano coinvolti, quali il cardiovascolare (infarto miocardico, tromboflebiti, vasculiti), l’endocrino-riproduttivo (infertilità, impotenza, diminuzione del desiderio sessuale, alterazioni ormonali), talora in modo irreversibile». Non ultimo, non va sottovalutata la correlazione tra alcol e sviluppo di forme tumorali, quali il tumore dell’oro-faringe, dell’esofago, del colon-retto, della laringe, del fegato e della mammella.

I danni dell’alcol in gravidanza In gravidanza è da sempre ritenuto pericoloso il consumo di alcol da parte della gestante per via dei rischi che questa sostanza comporterebbe per il feto. «Il consumo di alcol in gravidanza – dichiara il Ministero – è una delle cause maggiori di ritardo mentale dei bambini nei Paesi occidentali. Attraversando la placenta, l’etanolo può compromettere la crescita e il peso del feto, provocando danni permanenti al sistema nervoso centrale, con sottosviluppo e malformazione delle cellule e della struttura del cervello e conseguenze a livello funzionale e cognitivo (scarsa memoria, deficit di attenzione e comportamenti impulsivi)».

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Foglietto illustrativo farmaci, un documento ufficiale da consultare sempre

Nelle raccomandazioni generali sulla conservazione dei farmaci, si specifica sempre di tenere ogni medicinale nella propria confezione e assieme al foglietto illustrativo. L’importanza di questo documento, obbligatorio per legge, è sottolineata anche dall’Istituto superiore di sanità (Iss), che precisa: «Ogni confezione di medicinale, con o senza obbligo di ricetta medica, deve contenere per legge il foglio illustrativo, conosciuto anche come foglietto illustrativo o “bugiardino”, che fornisce le istruzioni necessarie per usare il farmaco in modo corretto e sicuro. Il foglio illustrativo fa parte della documentazione sottoposta dalle aziende farmaceutiche all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per richiedere la registrazione e l’autorizzazione al commercio dei prodotti medicinali. Si tratta, quindi, di un documento ufficiale approvato dall’Aifa, il cui contenuto è aggiornato periodicamente».

Cosa riporta il foglietto illustrativo.

Dopo essere stato approvato dall’Aifa, il foglietto illustrativo viene inserito in ogni confezione che contiene farmaci o parafarmaci e deve essere considerato una guida all’uso di quel rimedio da parte del paziente. Come spiega l’Istituto superiore di sanità, il testo deve riportare: «composizione, corretta posologia, malattie o condizioni per cui è indicato, casi in cui non deve essere utilizzato, eventuali effetti collaterali, modalità di assunzione e di conservazione, indicazioni sulla scadenza, rischi legati all’uso di dosi eccessive, interazione con altri farmaci, cibi e bevande assunti simultaneamente, produttore del medicinale, responsabile della commercializzazione». Ogni dubbio che possa insorgere nell’utilizzatore è in genere chiarito in una sezione del foglietto, che deve essere consultato dal paziente, soprattutto se il farmaco non è stato prescritto dal medico. «Prima di prendere un medicinale è importante leggere attentamente il foglio illustrativo per evitarne un uso improprio che potrebbe comportare rischi, anche seri, per la salute – raccomanda l’Iss -. La lettura del foglio illustrativo è indispensabile anche nel caso dei farmaci di automedicazione, o da banco, che possono essere acquistati liberamente, ad esempio nei supermercati, senza la prescrizione del medico o la supervisione del farmacista».

Indicazioni semplici da leggere e da comprendere.

Per promuovere la consuetudine alla lettura del foglietto illustrativo prima di assumere un farmaco, una norma europea ha stabilito un processo di semplificazione e uniformazione di questo testo per tutti i medicinali. Ogni foglietto deve anzitutto superare un test di leggibilità, venendo sottoposto a un panel di utenti di età diverse. Sono stati inoltre stabiliti dei criteri precisi per favorirne la leggibilità e la comprensione da parte dei cittadini. «La realizzazione di un formato unico per tutti i farmaci, suddiviso in paragrafi prestabiliti che si susseguono secondo un ordine definito – riferisce l’Iss – promuove l’abitudine alla lettura, scoraggiata in passato dalla presenza di fogli illustrativi diversi tra loro nella struttura e nel contenuto. La comprensione è favorita dall’uso di frasi brevi e di espressioni semplici, vicine al linguaggio comune, nonché dalla spiegazione dei termini scientifici utilizzati».

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Acido urico, i rischi di valori alti nel sangue

Tra le analisi del sangue, il medico talvolta prescrive la misurazione dei valori di acido urico. Un eccesso di questa sostanza, infatti, può essere indice di una patologia in corso. Come spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss), «l’acido urico è il prodotto terminale di trasformazione delle purine, le molecole che costituiscono gli acidi nucleici (il Dna e l’Rna). Le purine (adenina e guanina) vengono prodotte per la maggior parte all’interno del corpo umano attraverso il rinnovamento cellulare, mentre una minima parte proviene da determinati alimenti introdotti con la dieta». Quando queste sostanze sono in eccesso l’organismo le elimina, sotto forma di acido urico, attraverso urine e feci. Talvolta, però, si verifica un accumulo di acido urico nel sangue, determinando l’iperuricemia.

Le cause dell’iperuricemia A provocare un’eccessiva concentrazione di acido urico nel sangue possono essere cause di diversa natura, derivanti da una sovraproduzione o da una difficoltà dell’organismo a eliminarlo correttamente. «Un aumento della concentrazione di acido urico nel sangue – sostiene l’Iss – può essere causato dalla sua sovrapproduzione nel corpo o da una diminuita capacità del rene di eliminarlo con le urine. Inoltre, la sovrapproduzione di acido urico può essere dovuta a un aumento della morte cellulare a seguito di chemioterapia e radioterapia o ad alterazioni genetiche presenti alla nascita che influenzano il metabolismo delle purine. È questo il caso di malattie metaboliche come la gotta, un’infiammazione che si verifica quando i cristalli derivati dall’acido urico si formano nel liquido che si trova nelle articolazioni. La diminuzione dell’eliminazione di acido urico può anche essere causata da una malattia renale cronica, da alcolismo o da preeclampsia durante la gravidanza».

Quando effettuare le analisi.

Verificare i valori di acido urico nel sangue è utile in caso di dolori articolari, se sono in corso trattamenti con chemioterapia o radioterapia, in presenza di calcoli renali ripetuti o a rischio di formazione e in gravidanza per valutare un’eventuale preeclampsia. Secondo l’Istituto superiore di sanità «un aumento della produzione di acido urico può verificarsi per base genetica e spesso è così al giorno d’oggi, mentre una volta era una problematica esclusivamente dello stile di vita e quindi di come ci si alimentava, ma ancora oggi può essere in parte attribuito e soprattutto aggravato dalla nostra alimentazione, per cui dobbiamo cercare anche di curare la dieta e il sovrappeso».

L’alimentazione per controllare l’acido urico.

Ci sono alimenti che favoriscono l’aumento di acido urico nel sangue. Sono quelli che contengono purine, come le proteine, soprattutto se di origine animale. È pertanto raccomandato ridurre il consumo di carni rosse, insaccati e pesce, in particolare molluschi, acciughe e alici. «Inoltre – aggiunge l’Istituto superiore di sanità – possiamo anche limitare l’eccesso di prodotti integrali che possono aumentare l’acido urico, naturalmente, quando la problematica dell’accumulo di acido urico può essere anche dovuta a cause renali. E quindi questo andrà indagato dal proprio medico».

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Ipertensione, prevenzione possibile controllando peso e consumo di sale

L’ipertensione arteriosa è un innalzamento dei valori della pressione sanguigna. Mantenere questi parametri elevati può arrecare danni a vari organi, come cuore, reni e cervello. È sempre quindi opportuno monitorare i propri livelli pressori, misurandoli regolarmente dal medico, in farmacia o a casa. L’insorgere dell’ipertensione può dipendere da fattori ereditari, ma spesso è lo stile di vita scorretto a favorirla. Secondo gli esperti della Società italiana dell’ipertensione arteriosa (Siia), obesità ed eccessivo consumo di sale sono due dei principali elementi che portano a un incremento della pressione, assieme ad altre abitudini scorrette. Intervenendo su questi e altri fattori è però possibile ridurre il rischio. «L’ipertensione arteriosa – spiega la Siia – origina dall’effetto variamente combinato di fattori genetici ereditari e di fattori ambientali, come lo stress, l’eccessiva introduzione di sale e l’obesità. Per tale motivo per prevenire l’ipertensione si dovrebbero, da un lato, identificare gli individui geneticamente predisposti, dall’altro, correggere i fattori ambientali».

Le buone abitudini che riducono il rischio.

Secondo la Siia, la maggioranza dei soggetti ipertesi non ha una predisposizione genetica, ma conduce uno stile di vita che favorisce l’aumento della pressione. «La maggior parte dei casi di ipertensione arteriosa è dovuta ad abitudini di vita non corrette – riporta la Società in un articolo -. Fin da giovani è consigliabile, quindi, mantenere la pressione arteriosa a livelli desiderabili e seguire alcune semplici regole di comportamento. Possiamo considerare che se un paziente smette di fumare, segue determinate indicazioni alimentari, così da tenere sotto controllo il proprio peso, e dedica un po’ del proprio tempo a un’attività fisica, sicuramente fa del bene alla propria salute». Il potere di un corretto stile di vita nel prevenire l’ipertensione è tale che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato una serie di linee guida spiegando cosa ognuno può fare per ridurre il rischio di diventare iperteso. Come prima indicazione viene consigliato un costante controllo del peso, dal momento che l’obesità è uno dei principali fattori di rischio. A questo scopo si consiglia di limitare il consumo eccessivo di grassi animali (che contengono colesterolo), mentre si raccomanda di seguire una dieta ricca di magnesio e potassio e povera di sale. Il sodio contribuisce infatti ad aumentare la pressione ed è bene ridurre anche cibi che ne contengono grandi quantità, come gli insaccati. Anche la liquirizia sembra essere in grado di alzare la pressione e va pertanto evitata. Ridurre gli alcolici, smettere di fumare, praticare attività fisica con regolarità e limitare lo stress, per quanto possibile, sono ulteriori raccomandazioni dell’Oms.

Con ereditarietà è bene un controllo più assiduo.

Vista la maggiore possibilità di sviluppare ipertensione in caso di familiarità, è raccomandato a chi ha genitori ipertesi di monitorare in modo regolare la propria pressione, così da cogliere tempestivamente eventuali rialzi che potrebbero diventare cronici. Spesso, infatti, l’ipertensione è asintomatica ed è frequente non percepirla. Solo la misurazione con gli appositi strumenti è quindi in grado di rilevarla. «Ad oggi, sono state già identificate alcune forme di ipertensione arteriosa su base genetica – afferma la Siia -, ma la loro prevalenza è bassissima nella popolazione e non giustifica uno screening genetico esteso. Sappiamo però da molto tempo che i figli di ipertesi hanno maggiore probabilità di sviluppare l’ipertensione rispetto ai figli dei normotesi. Per tale motivo, i figli degli ipertesi noti dovrebbero fare attenzione a mantenere uno stile di vita sano e dovrebbero qualche volta misurare la pressione arteriosa per riconoscere precocemente un suo aumento e per prevenire lo sviluppo dei danni a carico degli organi bersaglio dell’ipertensione (arterie, cuore, reni e cervello)».