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Fumo di sigaretta, quale strategia per smettere di fumare?

Escludendo il catrame e il monossido di carbonio, la nicotina è l’unico agente farmacologicamente attivo presente nel tabacco. Gli effetti della nicotina sul sistema nervoso centrale comprendono il rilasciamento della muscolatura scheletrica, dovuto all’inibizione dei riflessi spinali, il risveglio quando si è assonnati e l’induzione di un senso di calma quando si è tesi, il miglioramento dei tempi di reazione a prove motorie e sensoriali, la diminuzione dei livelli di stress. Tra gli effetti periferici si ricordano tachicardia, aumento della gittata cardiaca e della pressione arteriosa, diminuzione della motilità intestinale e sudorazione.

Il termine “dipendenza” si riferisce alla somministrazione ripetuta di una sostanza biologicamente attiva in grado di provocare piacere. Lo stato di dipendenza è spesso accompagnato dalla tolleranza, cioè dalla riduzione della risposta dell’organismo a somministrazioni ripetute. La tolleranza agli effetti centrali della nicotina è inferiore rispetto a quanto avviene in periferia a causa di un aumento del numero di recettori nicotinici cerebrali in coloro che sono cronicamente esposti alla sostanza. L’assuefazione indotta dalla nicotina è frutto della stimolazione di circuiti cerebrali che fanno parte delle cosiddette vie della gratificazione, con conseguente effetto di appagamento. La sindrome d’astinenza fisica è una manifestazione dell’assuefazione e comporta irritabilità e disturbi del sonno.

L’aspettativa di vita dei fumatori è inferiore a quella dei soggetti che non fumano. Al fumo di tabacco è associato un maggior rischio di tumori, soprattutto a carico di polmoni, vie aeree superiori, esofago, pancreas e vescica. La causa è da imputare prevalentemente al catrame, componente cancerogeno che ha anche un’azione irritante sulle vie respiratorie ed è implicato nell’insorgenza di bronchite cronica. Dalla nicotina dipendono invece gli effetti sul sistema cardiocircolatorio, in particolare trombosi coronarica, infarto e claudicazione intermittente, cioè dolore ad una gamba durante uno sforzo fisico dovuto alla riduzione dell’apporto di sangue, e dunque di ossigeno, ai muscoli coinvolti nella deambulazione.

Il fumo in gravidanza provoca una riduzione del peso alla nascita e un ritardo dello sviluppo postnatale, sia fisico che mentale, oltre ad aumentare il rischio di aborto spontaneo, di parto pretermine e di mortalità perinatale. I principali responsabili sono nicotina e monossido di carbonio. Anche il fumo passivo è pericoloso per la non fumatrice in stato di gravidanza e il fumo risulta controindicato nella donna che allatta, in quanto la nicotina escreta nel latte si ritrova in quantità sufficiente da provocare tachicardia nel bambino.

Molti fumatori vorrebbero smettere, ma pochi riescono ad interrompere questo vizio. Alla psicoterapia andrebbe associato un trattamento farmacologico rivolgendosi al proprio medico curante. La terapia sostitutiva con nicotina aiuta i fumatori ad alleviare la sindrome d’astinenza psicofisica e il farmaco è somministrato in forma di gomme da masticare o cerotti transdermici da sostituire quotidianamente. Gli effetti collaterali includono nausea e crampi addominali, tosse, insonnia, dolori muscolari. I cerotti possono causare irritazione e prurito nella sede di applicazione. Il bupropione, utilizzato anche nel trattamento della depressione, è un principio attivo somministrato in formulazioni a lento rilascio ed è efficace come la nicotina nella terapia sostitutiva, ma questa si preferisce per la minore incidenza di effetti collaterali.

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Integratori specifici per la gravidanza, nove mesi di benessere

Un’alimentazione varia ed equilibrata durante la gravidanza ha conseguenze positive sia sulla salute della madre che del bambino. L’aumento ponderale fisiologico delle donne gravide è di circa 12,5 chilogrammi, calcolato sommando il peso di feto, liquido amniotico e placenta ai tessuti materni che nel corso della gestazione vanno incontro ad accrescimento. In particolare, si assiste ad un incremento del volume plasmatico e dei fluidi extracellulari, insieme ad un aumento del volume dell’utero, delle ghiandole mammarie e del tessuto adiposo. Uno scarso aumento di peso si associa ad un rischio maggiore di ritardo di crescita intrauterina e mortalità perinatale, mentre un aumento di peso eccessivo ha come conseguenza un elevato peso alla nascita, superiore cioè a 3,6 chilogrammi. Continuando a svolgere un’attività fisica leggera e costante, l’alimentazione dovrebbe fornire 150 Kcal aggiuntive al giorno durante il primo trimestre e 300 Kcal nei due trimestri successivi.

Per quanto riguarda le vitamine, bassi livelli di vitamina A sono legati a ritardo di crescita intrauterina. Un introito eccessivo può invece essere causa di aborti spontanei e difetti congeniti. Il deficit di vitamina D è legato ad alterazioni nel metabolismo del calcio sia a livello materno che fetale, con ipocalcemia neonatale e osteomalacia, cioè fragilità ossea, nella madre. La vitamina B9 o acido folico va introdotta nella quantità di 400 mcg/die, che corrisponde al doppio dell’apporto giornaliero necessario alle donne nelle normali condizioni fisiologiche. È bene che la supplementazione inizi già prima del concepimento, al fine di prevenire i difetti del tubo neurale nelle prime fasi dell’embriogenesi.

La vitamina C è essenziale per l’assorbimento del ferro. Poiché il fabbisogno di questo minerale in gravidanza cresce parecchio, può essere utile un’integrazione di ferro e vitamina C combinati in un unico prodotto. Occorre che nella dieta non manchino gli alimenti naturalmente ricchi di questo minerale, come carne magra, pesce, legumi, frutta a guscio. Dato che l’integrazione di ferro può ridurre la capacità di utilizzare zinco e rame, nella maggior parte degli integratori studiati per la gravidanza i tre minerali sono presenti in associazione. Nonostante si verifichi un aumento dell’efficienza nell’assorbimento di calcio durante la gravidanza, può essere comunque utile incrementarne l’assunzione attraverso latte e derivati o con supplementi dietetici, dal momento che vi è la necessità di trasferire il minerale al feto.

Il DHA, acronimo dell’acido docosaesaenoico, è un acido grasso polinsaturo della serie degli ω-3 e se ne consiglia l’integrazione in quanto risulta coinvolto nello sviluppo cerebrale e oculare. In condizioni normali, una dieta quali-quantitativamente bilanciata è sufficiente a coprire il fabbisogno di micro- e macronutrienti nella donna incinta. L’integrazione con multivitaminici e multiminerali può rivelarsi importante nelle fumatrici o alcoliste, nelle vegetariane o vegane, nelle gravidanze gemellari. In ogni caso, è sempre bene sentire il parere del farmacista o del medico considerato che sono tanti i prodotti controindicati quando è in atto una gravidanza e nemmeno quelli definiti naturali sono esenti da rischi.

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Farmaci a base di montelukast, le autorità segnalano rischio effetti collaterali neuropsichiatrici

Come è noto, l’asma è una patologia causata da un’infiammazione delle vie aeree che provoca iperreattività bronchiale con conseguente ostruzione ricorrente reversibile delle vie respiratorie. È caratterizzata da respiro affannoso e mancanza di fiato e spesso si presenta tosse notturna insistente. Tra i principi attivi impiegati sia nell’adulto che nel bambino, vi è il montelukast, sia nell’adulto che nel bambino, usati per il trattamento dell’asma lieve-moderata. Ciò in aggiunta a farmaci antinfiammatori di natura cortisonica per via inalatoria e a broncodilatatori a breve durata d’azione, da assumere con prescrizione medica al bisogno, nel caso in cui queste due classi di medicinali non consentano, da sole, di tenere sotto controllo la sintomatologia. Per i pazienti pediatrici, inoltre, i farmacia contenenti montelukast sono disponibili come granulato e compresse masticabili a diversi dosaggi a seconda dell’età. Mentre, per i soggetti dai 15 anni compiuti il farmaco esiste in forma di compresse rivestite.

A partire dall’età di 15 anni, montelukast può essere utilizzato nel trattamento sintomatico della rinite allergica stagionale, negli stessi pazienti in cui è indicato per l’asma. Dai 2 anni di età montelukast è somministrato anche per prevenire le crisi asmatiche in cui la broncocostrizione è indotta dall’esercizio fisico. Inoltre, tra i 2 e i 14 anni, il farmaco può essere assunto come alternativa ai farmaci cortisonici a bassa dose per via inalatoria, in quei pazienti con forme d’asma lieve persistente senza una storia recente di asma severa che richiederebbe l’uso di cortisonici orali e che non sono in grado di utilizzare i cortisonici inalatori.

Proprio in merito a tale principio attivo, le aziende che hanno ottenuto l’autorizzazione a commercializzare medicinali a base di montelukast, insieme all’Agenzia italiana del farmaco, autorità che si occupa della sicurezza dei farmaci in Italia, hanno informato gli operatori sanitari riguardo casi in cui gli effetti indesiderati neuropsichiatrici, peraltro già noti, non siano stati immediatamente collegati all’uso di questi farmaci. Ciò ha determinato un ritardo nella valutazione sulla prosecuzione o meno delle terapie in atto. Nonostante gli eventi neuropsichiatrici associati all’impiego di montelukast siano rari, la possibilità che si verifichino deve essere comunicata in modo chiaro al paziente o alla persona che lo assiste.

Pazienti, genitori e caregiver devono dunque essere istruiti sulla necessità di segnalare al più presto al medico cambiamenti nel comportamento e nell’umore, incubi, insonnia, sonnambulismo, ansia, agitazione, depressione, irritabilità, irrequietezza, tremore. Meno frequenti, ma comunque possibili, sono alterazioni dell’attenzione, problemi di memoria, tic, allucinazioni, disorientamento, pensieri e comportamenti suicidi, sintomi ossessivo-compulsivi, disturbi della parola. Nel caso in cui vengano descritti questi disturbi, i medici prescrittori devono valutare se vi sia l’indicazione a proseguire il trattamento con montelukast sulla base del rapporto rischi/benefici.

In ogni caso, è bene rivolgersi al proprio medico curante o al proprio farmacista di fiducia ove si rendessero necessari ulteriori chiarimenti sulla tematica trattata.

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Sovrappeso e obesità, in che modo affrontare la problematica?

Quando le calorie introdotte con la dieta superano il fabbisogno energetico, si verifica un eccessivo accumulo di grasso corporeo. Oltre all’alimentazione scorretta, le cause di sovrappeso e obesità includono fattori genetici e associati allo stile di vita, come la sedentarietà e l’uso di alcuni farmaci. L’eccesso di adipe è uno dei principali problemi di salute pubblica e non è circoscritto alle popolazioni dei paesi occidentali, ai soggetti in età adulta e alle classi socio-economiche più elevate. L’incremento dell’obesità infantile determinerà negli anni a venire un forte aumento delle patologie croniche, con alti costi diretti associati alle diagnosi e alle terapie e significativi costi sociali legati alla mancata produttività per assenteismo dal posto di lavoro, pensioni di disabilità e morte prematura.

Tra le malattie che accompagnano l’obesità si ricordano in primis quelle cardiovascolari, ma nel paziente obeso si osservano frequentemente anche patologie respiratorie, diabete, osteoartriti e tumori, soprattutto a carico dell’apparato digerente. Tra i parametri clinici utilizzati per valutare se un individuo sia sottopeso, normopeso, sovrappeso oppure obeso, vi è l’indice di massa corporea o BMI, dall’inglese body mass index, calcolato come il rapporto tra la massa corporea espressa in chilogrammi e il quadrato dell’altezza misurata in metri. Con un BMI compreso tra 25 e 29,9 kg/m2 si parla di sovrappeso, tra 30 e 34,9 di obesità moderata e tra 35 e 39,9 di obesità severa, mentre se viene superato il valore di 39,9 l’obesità è definita grave. Poiché questo indice non consente di distinguere tra grasso e massa magra, si utilizzano anche altre metodiche per stimare la percentuale di massa grassa, come la plicometria che, misurando quattro pliche cutanee, permette di valutare il grasso dell’organismo; la bioimpedenziometria, attraverso la quale, basandosi sulla diversa conducibilità elettrica dei tessuti corporei, si ottiene una stima di massa grassa, massa muscolare e quantità di acqua; la densitometria, un esame radiologico che rende possibile la misurazione della composizione corporea.

Per contrastare sovrappeso e obesità è necessario innanzitutto abbinare un’adeguata attività fisica a una corretta alimentazione, volta a ridurre il peso corporeo. Occorre che la dieta venga seguita da un medico dietologo o comunque esperto in malattie del metabolismo. Nei casi più severi si può ricorrere alla terapia farmacologica: la sibutramina agisce a livello del sistema nervoso centrale sopprimendo l’appetito, mentre l’orlistat ha un’azione sul tratto gastroenterico, prevenendo l’assorbimento dei lipidi. Gli interventi chirurgici, come bypass e bendaggio gastrico, sono riservati a casi estremi con patologie concomitanti. I preparati specifici per diete ipocaloriche possono aiutare da un punto di vista psicologico, rendendo il regime alimentare meno restrittivo. Oltre ai sostituti del pasto, si citano gli integratori che aumentano il consumo energetico, contenenti arancio amaro, guaranà, tè verde, e ad effetto saziante, a base di gomma guar, glucomannano, psillio, chitosano. Quest’ultimo limita anche l’assorbimento dei grassi. Vi sono poi supplementi dietetici che incrementano l’ossidazione lipidica, con carnitina e garcinia cambogia, e quelli che portano ad un aumentato metabolismo dei carboidrati, che tra i componenti riportano cromo e ginseng.

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Come prendersi cura della propria capigliatura: prodotti anticaduta, shampoo, balsamo

I capelli sono esposti di continuo a fattori che possono indebolirli: trattamenti chimici come colorazioni e permanenti, prodotti per lo styling, sostanze inquinanti e, in questa stagione, sole, salsedine e cloro. Anche gli stress meccanici a cui vengono quotidianamente sottoposti per la messa in piega, quali spazzolature aggressive e uso di phon, piastre e arricciacapelli a temperature elevate, contribuiscono a infragilire la struttura del capello.

Il numero medio di capelli è 100000, variabile a seconda dell’età e del colore della capigliatura. Ogni giorno vengono persi approssimativamente 100 capelli e ai cambi di stagione questo fenomeno può essere accentuato. Le cause di un’eccessiva perdita dei capelli vanno dai disturbi ormonali a una riduzione dell’attività metabolica del follicolo pilifero, da una dieta insufficiente, come nel caso di denutrizione e anoressia, all’impiego di farmaci, per esempio quelli usati nella terapia antitumorale. Utili per prevenire e trattare la caduta occasionale dei capelli sono gli integratori a base di taurina, prolina, leucina, tre aminoacidi coinvolti nei processi di sintesi della cheratina, miglio, minerali quali zinco e selenio, metionina, un aminoacido solforato che il nostro organismo non è in grado di produrre e che pertanto va introdotto con la dieta, vitamine come la A, la E e la biotina. Esistono prodotti in fiale in cui le sostanze attive sul cuoio capelluto sono particolarmente concentrate e, per il trattamento dell’alopecia, lozioni o schiume a base di minoxidil, un farmaco antipertensivo che, applicato localmente, stimola la crescita dei capelli.

I cosmetici per capelli più largamente utilizzati sono shampoo e balsamo. Sostanze come pantenolo e glicerina assicurano morbidezza e idratazione, che possono essere mantenute anche con l’applicazione settimanale di maschere a base di olio di argan, germe di grano, semi di lino o riso oppure di burro di karitè. Gli stessi oli contenuti nelle maschere si possono applicare puri dopo il lavaggio per proteggere i capelli dal calore del phon e dopo l’asciugatura per ottenere un effetto anticrespo oppure per impacchi per capelli secchi e sfibrati. Tra gli agenti emollienti presenti negli shampoo si ricordano inoltre lanolina, paraffina, acidi grassi. A causa del contenuto d’acqua, è necessario che tra gli ingredienti siano presenti conservanti. Oltre a profumi e coloranti per rendere il cosmetico più gradevole, nella formulazione possono essere inclusi additivi speciali per il trattamento di determinate tipologie di capello. I capelli grassi sono caratterizzati da un eccesso di sebo, si consiglia dunque di lavarli con detergenti a base di piante dalle proprietà astringenti, come bardana edera, tè, e sebonormalizzanti, quali betulla, ginepro, menta. Maschere all’argilla riequilibrano il cuoio capelluto regolando la secrezione di sebo. Anche per la forfora esistono trattamenti specifici. Si tratta di un disturbo del cuoio capelluto che può essere provocato da seborrea o, al contrario, da secchezza della cute. Può anche essere la conseguenza dell’iperproliferazione di Malassezia furfur, un lievito che si nutre degli acidi grassi presenti nel sebo. Tra gli ingredienti dei balsami figurano sostanze umettanti, ricostituenti, protettori termici, siliconi, dall’effetto lucidante, antistatici, che facilitano la pettinabilità, acidificanti, che contrastano il sollevamento delle squame delle cuticole, favorendone la chiusura.