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Malattie croniche, i litigi peggiorano i sintomi

“Mens sana in corpore sano”, dicevano i latini. Ma da oggi è vero anche il contrario: avere buone relazioni sociali (mens sana) influenza positivamente anche la salute e la forma fisica.
E’ quanto emerso da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Behavioral Medicine, rilanciato da ANSA.
Quante volte litighiamo o siamo in collera con il partner? Se in passato precedenti studi avevano dimostrato una relazione tra soddisfacimento a seguito del matrimonio e migliore salute, in questo è stato dimostrato il contrario. I ricercatori del Penn State Center for Healthy Aging hanno infatti dimostrato che un cattivo umore può avere ripercussioni fisiche, peggiorando sintomi di patologie croniche come l’artrite o il diabete.
Sono stati considerati i dati relativi a due gruppi di partecipanti, il primo di 145 persone affette da osteoartrite al ginocchio e rispettivi coniugi, il secondo di 129 persone affette da diabete di tipo 2 e rispettivi coniugi. In entrambe i casi i partecipanti hanno descritto per 22 e 24 giorni dettagliatamente i loro stati quotidiani di salute, tenendo un diario, compresi stati d’animo e condizioni di salute in generale.
Ebbene, il dato che è emerso è che in tutti e due i gruppi l’umore peggiore era associato ad una maggiore tensione con il partner, che di conseguenza portava un peggioramento dei sintomi e un maggior dolore. Nel caso dell’artrite non solo nel giorno stesso, ma anche nel giorno successivo.
I ricercatori hanno concluso quindi che avere un buon umore, a parità di problemi, e guardare oltre la malattia, porta un impatto positivo sullo stato di salute.

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Attività fisica, nei bambini ed adolescenti meglio se si parte da piccoli

Le attività motorie oltre ad essere utili per lo sviluppo sociale dei bambini, dona loro la possibilità di costruire l’autostima, integrarsi ed interagire, competenze utili e necessarie per la vita futura.
Non solo. Quando si pratica attività fisica sin dall’infanzia, questo comportamento tende a divenire parte integrante dello stile di vita della persona. Praticare attività influenza anche diversi aspetti dello stile di vita, inducendo gli adolescenti ad abitudini alimentari corrette, rinuncia all’alcol e al fumo.
E’ quanto emerge da un’analisi di Chiara Cattaneo e Paola Nardone, dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS). Secondo le ricercatrici infatti «la sedentarietà aumenta notevolmente i rischi per la salute e questo avviene indipendentemente dal livello di attività fisica praticata. Sembra infatti che vi sia poca o nessuna associazione tra attività fisica e comportamenti sedentari».
Per poter raggiungere gli obiettivi prefissati è necessario sin da subito intervenire limitando il tempo “sedentario”, ovvero, il tempo che i bambini spesso passano davanti allo schermo, a non più di 2 ore al giorno. Questo atteggiamento oltre a distogliere risorse mentali, può indurre un maggior consumo di spuntini ad elevato contenuto calorico, aumentando il rischio dell’obesità sin dai primi anni di età e, spesso, peggiorando la qualità del sonno.
Per i bambini da 5 a 7 anni l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) i livelli raccomandati di attività fisica comprendono le attività come gioco, esercizio strutturato, educazione fisica, sport e gli spostamenti realizzati in ambito familiare, scolastico e di comunità.
Cosa fare allora? Secondo Cattaneo e Nardone, che citano le indicazioni OMS, «l’obiettivo giornaliero dei 60 minuti di attività fisica può essere raggiunto in sessioni più brevi (ad esempio 2 sessioni da 30 minuti). Bambini e adolescenti inattivi dovrebbero iniziare a praticare attività fisica in modo graduale, aumentando durata, frequenza e intensità di volta in volta. Laddove possibile, anche bambini e adolescenti con disabilità dovrebbero raggiungere i livelli raccomandati pur sotto il controllo degli operatori sanitari di supporto. I livelli raccomandati sono indicati per bambini e adolescenti sani, a eccezione di specifiche condizioni mediche, senza differenze per caratteristiche socio-demografiche».

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Stress e salute, i 10 consigli per affrontare meglio i disturbi

Quasi 9 italiani su 10 soffrono di disturbi legati allo stress. È quanto emerge da una ricerca sulla relazione tra gli stili di vita e lo stress, promossa da Assosalute (Associazione Nazionale farmaci di automedicazione che fa parte di Federchimica). Stanchezza, irritabilità, ansia, mal di testa, digestione lenta, bruciori di stomaco, insonnia, tensioni muscolari. A volte herpes sulle labbra e addirittura cuore «impazzito». E ancora: calano le difese immunitarie e ci si ammala con facilità. Sono solo alcuni dei tanti sintomi legati da un unico «filo rosso»: lo stress.
In che modo affrontare al meglio i disturbi legati allo stress? 1) Passeggiare all’aria aperta, non solo perchè si schiariscono i pensieri ma si favorisce la circolazione di endorfina che riduce gli ormoni dello stress.
2) Evitare di usare smartphone o pc di sera, inoltre, è molto importante fare delle pause dall’utilizzo prolungato di strumenti tecnologici e cercare di spegnere telefoni e computer almeno un’ora prima di andare a dormire.
3) Imparare a organizzare le vostre giornate al meglio, una causa molto diffusa dello stress è la “mancanza di tempo”, quindi una buona gestione della vostra agenda può aiutarvi a farvi sentire più rilassati e padroni di voi stessi.
4) Avere cura dell’alimentazione: il nostro benessere ne è strettamente legato. Esistono diversi alimenti in grado di ridurre l’azione dell’ormone principe dello stress, il cortisolo: tra le carni è consigliato il tacchino, tra i pesci prediligete quelli a più alto contenuto di grassi – come il tonno o il salmone – e tra le verdure si consigliano gli spinaci. Anche il cioccolato fondente è molto utile per abbassare i livelli di cortisolo.
5) Sforzarsi di dare la giusta importanza alle cose. Ridimensionare i problemi aiuta a rendersi conto di quante siano le cose per le quali, in realtà, proprio non vale la pena preoccuparsi.
6) Mantenere un atteggiamento funzionale. Prestare attenzione ai propri pensieri e porsi delle domande può essere molto utile ad allontanare ansie e problemi in quanto una riflessione interna, spesso, può aiutarci a comprendere meglio una situazione esterna.
7) Aiutarsi con la meditazione. Potete provare con la mindfulness, la forma di meditazione più studiata a livello scientifico. Fatta quotidianamente può dare ottimi risultati dal punto di vista neurochimico.
8) Ridere il più possibile. Avere un atteggiamento positivo può essere davvero utile nella prevenzione dello stress: è infatti provato che ridere fa bene alla salute perché aumenta la quantità di ossigeno che si respira, stimola il cuore, i polmoni e i muscoli e aumenta l’endorfina che rilascia il cervello.
9) Ascoltate musica. Che sia classica, rock o country non importa: la musica che vi piace vi aiuterà a fare una pausa dai tanti impegni della giornata e infonderà il cervello di neurochimici del buon umore, come la dopamina.
10) Se però lo stress si trasforma in disturbi fisici veri e propri, possono essere utili i farmaci di automedicazione riconoscibili dal bollino rosso con la faccina che sorride. In caso di mal di testa potete prendere antinfiammatori non steroidei (FANS), per i disturbi del sonno, invece, sono di aiuto sedativi leggeri come la valeriana o la passiflora.

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Attività fisica e memoria, lo sport aerobico fa bene alla mente

Quante volte ci è capitato di non ricordare una parola o il nome di una persona che sappiamo di conoscere? Questi piccoli errori, spesso frustranti, possono essere causati da una breve interruzione della capacità del cervello ad accedere ai suoni di una parola. In pratica, non abbiamo dimenticato la parola, e ne conosciamo il significato, tuttavia, la formulazione della stessa spesso ci risulta impossibile. Questi lapsus sono molto frequenti nella vita di tutti i giorni ma diventano più frequenti con l’avanzare dell’età.
Grazie alle evidenze scientifiche già presenti che hanno comprovato che le persone anziane in attività hanno un minor rischio dei vari deficit cognitivi, gli scienziati hanno pensato di approfondire cercando di capire se vi fosse una correlazione tra praticare attività aerobica e ricordare le parole.
Ebbene, i ricercatori dell’Università di Birmingham hanno analizzato 28 volontari di età tra 60 ed 80 anni, in salute e senza segni clinici di problemi cognitivi. La loro capacità aerobica è stata misurata mediante ciclo ergometro. Questo gruppo ed un secondo gruppo di volontari di circa 20 anni sono stati fatti sedere al computer, mostrando loro delle parole ad intermittenza. I giovani volontari avevano migliori capacità di ricordare le parole evidenziate, rispetto al gruppo di persone anziane, ma, tra i componenti del gruppo di anziani è stato evidenziato che coloro che facevano più attività fisica ricordavano meglio le parole mostrate.
Questo studio è solo osservazionale, ovvero, si è limitato ad osservare questo fenomeno. Non si può confermare che vi sia un nesso di casualità tra praticare attività fisica e migliore memoria, tuttavia, è fortemente possibile una correlazione tra le due.

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Intolleranza al glutine, gran parte dei pazienti in Europa sono ancora senza diagnosi

Il 16 di maggio si è celebrata la Giornata Mondiale della Celiachia, malattia cronica legata all’esposizione al glutine, e alla relativa intolleranza, da parte di adulti e bambini in Italia ed Europa. In occasione dell’evento l’Associazione Italiana Celiachia ha rilevato che in Italia i pazienti sono attualmente circa 200.000, di cui 21.277 bambini, fino ai 10 anni. In realtà le stime parlano chiaro: i celiaci dovrebbero essere almeno 600.000, ne consegue che gran parte della popolazione non è al corrente di avere questa patologia, con il rischio di sviluppare problemi di salute e complicanze.
In Europa il decorso che va dalla conoscenza del problema alla diagnosi definitiva può impiegare fino a otto anni, mentre, in Italia il tempo necessario all’accesso al SSN per avere la certezza di essere celiaci è di circa sei anni.
Un altro aspetto spesso sottovalutato è che la celiachia può presentarsi a qualsiasi età, a partire dallo svezzamento, momento in cui viene introdotto il glutine, passando per l’infanzia, sino ad arrivare all’adolescenza ed oltre.
L’unico modo al momento per bloccare il processo di intolleranza al glutine è quello di una rigorosa dieta senza glutine, pertanto, come riferito da Caterina Pilo, Direttore Generale Aic, in un’intervista ad Ansa, “è essenziale la diagnosi precoce, per tutelare il processo di crescita e lo sviluppo, gestendo nel migliore dei modi i sintomi. Se la celiachia non viene diagnosticata, i piccoli possono incorrere in severe complicanze, tra cui perdita di peso, problemi nella crescita, ritardo della pubertà, stanchezza cronica e osteoporosi”.