La cardiopatia congenita è uno dei più comuni difetti alla nascita di un bambino. Anche se con notevoli progressi nella cura, rimane la principale causa di morte non infettiva nei bambini. Tale malattia è la risultante di un complessa interazione tra fattori genetici e non genetici, o ambientali, che agiscono sul feto. Tra i fattori ambientali non genetici vi è l’iperglicemia, divenuta oggetto di osservazione dei ricercatori, in un recente studio portato a termine dal Nationwide Children’s Hospital, tra i più grandi ospedali pediatrici e istituto di ricerca negli Stati Uniti d’America.
«Molti studi epidemiologici hanno dimostrato una forte correlazione tra diabete materno e incremento del rischio di cardiopatia congenita nei bambini nati da madri con tale malattia», ha spiegato il Dr. Garg, direttore del Centro di ricerca cardiovascolare del Nationwide Children’s Hospital. «Molti fattori – spiega il ricercatore -, compresi il diabete, altri fattori ambientali e potenzialmente certe predisposizioni genetiche, possono influenzare lo sviluppo di alcune tipologie di cardiopatie congenite».
Secondo quanto emerso dallo studio, a titolo di esempio, il diabete di tipo 1 e 2, sono collegati a specifiche cardiopatie congenite. Nello specifico, i bambini nati da madri con diabete di tipo 1 hanno maggiori associazioni a malformazioni conotruncali e a difetti del setto atrioventricolare. Mentre, i nati da madri con diabete di tipo 2, hanno più alto rischio di eterotassia (posizionamento anormale degli organi toracici e/o addominali) e malformazioni ostruttive del tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Entrambi i tipi di diabete materno sono associati anche con il rischio di altri tipi di cardiopatia congenita, comprese malformazioni ostruttive del tratto di efflusso del ventricolo destro, difetti del setto atriale e ventricolare, anche se a livelli più bassi.
Autore: L'Incontro
Il servizio informativo per i pazienti del Centro "L'Incontro" a Teano (CE).
Mancano poche ore allo scoccare della mezzanotte che ci porterà al nuovo anno. Molte persone saranno a cena con famiglia e amici, o al classico veglione in attesa della mezzanotte. Nella maggior parte dei casi, al centro dei festeggiamenti, vi saranno le immancabili scorpacciate. Per questo motivo, gli esperti di Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione, che fa parte di Federchimica), hanno redatto un vademecum di consigli utili per la salute di stomaco e intestino (e non solo).
Dire no allo stress cercando di limitare quanto più possibile le situazioni che inducono ansia, magari aggiungendo mediazione, lettura, yoga, o anche «allenarsi ma anche stare più tempo con gli amici, giocare più a lungo con figli e nipotini e dimenticare l’orologio recuperando, così, il senso della festa e del riposo».
Ridurre il numero di portate che mangeremo. Secondo Assosalute «qualche portata in meno fa bene al girovita (e all’umore)». «Mangiare il giusto (o anche non mangiare sempre tanto in tutte le occasioni di ritrovo familiare o amicale!) e prediligere il gusto di stare in compagnia, ci farà sentire meglio, mentalmente e fisicamente».
No al digiuno, è il terzo consiglio per evitare sorprese al momento di mangiare. Spesso e volentieri, infatti, molti “digiunano” per assaporare meglio le pietanze al momento opportuno. Ebbene, il suggerimento, piuttosto che un digiuno preventivo, è quello di «evitate di esagerare con cibi troppo elaborati, limitate il consumo alcol, insaccati e intingoli».
Non esagerare con i dolci natalizi e con i “Cin cin”, ma fare tutto con moderazione. E’ importante limitare le quantità di zuccheri immesse nel nostro organismo, ma anche la quantità di alcool.
Muoversi, compatibilmente con il proprio stile di vita, principalmente dedicando tempo alle passeggiate all’aria aperta, piuttosto che praticare sport intensi che potrebbero sortire l’effetto contrario.
Sì alla “doggy-bag”, ma che sia stipata entro due ore. Difatti, oltre le due ore potrebbero esservi fenomeni di fermentazione batterica che potrebbero portare ad intossicazioni alimentari a causa del cibo avariato.
Le bevande alcoliche, specialmente il vino rosso, sono state riconosciute come fattori di innesco dell’emicrania, dai pazienti che ne sono affetti, ed hanno un effetto sostanziale sul comportamento del consumo di alcol. Sono queste in sintesi le conclusioni di uno studio concluso dal dipartimento di neurologia dell’università di Leiden, in Olanda. Secondo i ricercatori, la rapida insorgenza dell’attacco di emicrania avviene, contrariamente a quanto accade nel classico mal di testa post-sbornia, con un diverso meccanismo di azione. La bassa consistenza dello stimolo che provoca il mal di testa, inoltre, suggerisce che le bevande alcoliche non agiscono singolarmente e che tale fenomeno possa dipendere da una serie di eventi variabili.
Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno somministrato un questionario a 2197 pazienti con il mal di testa, prendendo nota anche di eventuale consumo di bevande alcoliche, eventuale astinenza da alcol e tempo trascorso tra consumo di alcol ed insorgenza dell’attacco di emicrania. Nell’analisi dei risultati è emerso che le bevande alcoliche erano riportate come causa del mal di testa dal 35% dei partecipanti. In più, circa il 25% dei pazienti con l’emicrania non ha più bevuto alcolici, a causa dei presunti effetti sul mal di testa. Il vino, specialmente quello rosso (segnalato dal 77,8% dei partecipati), è stato riconosciuto come il più comune fattore scatenante il mal di testa, tra tutte le bevande alcoliche. Per quanto riguarda invece il tempo di insorgenza del mal di testa, questo è stato rapido (inferiore a 3 ore) in tre terzi dei pazienti, mentre, circa il 90% di essi hanno avuto un mal di testa entro le 10 ore dalla somministrazione, indipendentemente dal tipo di alcolico consumato.
Quante volte, molte di queste con fatica, abbiamo provato a leggere ed interpretare una ricetta scritta a mano? Quante altre volte, invece, abbiamo chiesto aiuto a chi l’aveva scritta inizialmente? Come noto, la prescrizione di una ricetta è l’atto con cui i professionisti sanitari abilitati, principalmente medici, possono indicare informazioni esatte su durata della terapia, modalità di somministrazione e il dosaggio di un farmaco necessario a curare una situazione patologica temporanea o permanente. Spesso, vista anche l’urgenza con la quale è necessario dover ricorrere alla terapia, la prescrizione viene effettuata con una certa velocità. Tale velocità, soprattutto con le ricette scritte a penna, potrebbe generare confusione relativa alla lettura, la comprensione e l’interpretazione del corretto dosaggio e quindi la corretta terapia da seguire, da parte dello stesso o di altri professionisti sanitari deputati a farlo.
In soccorso a questo problema, con l’obiettivo di mettere fine a tali potenziali problemi, è giunto il ministero della Salute il quale, con la «Raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia conseguenti all’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli», ha evidenziato che «l’uso non standardizzato di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli, può indurre in errore e causare danni ai pazienti». «L’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli – si legge nel documento -, sebbene sia una prassi consolidata durante le fasi di gestione del farmaco in ospedale e sul territorio, può indurre in errore e causare danni ai pazienti». Tale Raccomandazione quindi «fornisce indicazioni per prevenire gli errori in terapia conseguenti all’utilizzo di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli, e migliorare la sicurezza nella gestione dei farmaci».
Una vita salutare, durante il periodo di transizione verso la menopausa, potrebbe compensare l’accelerazione dell’aterosclerosi, ovvero la perdita di elasticità delle arterie, ed il fisiologico restringimento delle arterie che si assiste con l’avanzare dell’età. E’ questo in sintesi il risultato di una ricerca pubblicata nel Journal of the American Heart Association.
Le donne partecipanti a questo studio sono state analizzate utilizzando un metodo durato 10 anni di osservazione, basato su dei punteggi assegnati. Ogni donna è stata sottoposta annualmente ad esami medici e questionari sullo stato di salute fisica, abitudini alimentari ed eventuale uso di tabacco. In più, le partecipanti hanno ricevuto un’ecografia coronarica, indagine non invasiva che fornisce immagini dell’interno delle arterie che conducono al cuore.
Ebbene, le partecipati con un più basso punteggio, ovvero coloro che avevano uno stile di vita più salutare, se paragonate con coloro con punteggio più alto, avevano significativamente arterie più ampie, meno ispessimento arterioso e minor accumulo di placca grassa. Il fattore di rischio maggiormente associato con arterie in cattiva condizione era il fumo di tabacco.
«La mezza età è una finestra cruciale per le donne che portano a cuore il loro benessere cardiovascolare e preparano il corso per un sano invecchiamento. I cambi metabolici che spesso si presentano durante la menopausa, tra cui l’innalzamento dei livelli di colesterolo e della pressione arteriosa, possono influenzare significativamente il rischio di attacchi di cuore e il deterioramento cognitivo più tardi nella vita», spiega Ana Baylin, professoressa di scienze della salute nutrizionale ed epidemiologia presso l’università del Michigan. «La buona notizia – conclude Baylin – è che le donne della mezza età possono impossessarsi del loro benessere nelle proprie mani e apportare cambiamenti salutari allo stile di vita, come per esempio evitare il fumo, mangiare meglio e fare più attività fisica per ridurre il rischio cardiovascolare».