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Allergie respiratorie: prevenzione e gestione per una vita più sana

La questione delle allergie respiratorie, in particolare della rinite allergica, sta assumendo proporzioni sempre più significative nella popolazione italiana. Secondo recenti studi, pubblicati dall’associazione Assosalute, parte di Federchimica, si prevede che entro il 2030, una percentuale compresa tra il 35% e il 40% degli italiani sarà affetta da questa condizione, che non si limiterà più a specifici periodi dell’anno ma diverrà una costante nella vita di molti.

Impatto del cambiamento climatico sulle allergie respiratorie

Il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature stanno modificando il ciclo delle stagioni, rendendo più sfumati i confini tra una e l’altra. Il fenomeno ha un impatto diretto sulla durata e sull’intensità delle fasi di pollinazione, con conseguenze per chi soffre di allergie respiratorie. La stagione delle allergie, che un tempo si concentrava principalmente in primavera, ora si estende per gran parte dell’anno, da febbraio a novembre, rendendo la rinite allergica una condizione quasi perenne per chi è sensibile alla Parietaria e ad altri allergeni.

Strategie di gestione e prevenzione delle allergie respiratorie

La gestione delle allergie respiratorie richiede un approccio multifattoriale. Uno dei primi passi è la protezione dall’esposizione agli allergeni, ma anche l’attenzione alle condizioni meteorologiche, la possibilità di valutare con il medico curante un trattamento farmacologico preventivo, infine, la corretta diagnosi e la pulizia degli ambienti. L’utilizzo responsabile dei farmaci di automedicazione, contrassegnati dal bollino rosso, può essere una strategia per controllare i sintomi e mantenere una buona qualità della vita. È fondamentale però una corretta diagnosi effettuata da un medico specialista, che potrà indirizzare verso la terapia farmacologica più adatta o, nei casi più gravi, verso l’immunoterapia specifica. È utile ricordare che consiglio del farmacista non intende sostituire il consulto con il medico curante. Ove la problematica presentata dovesse perdurare, è necessario contattare il medico curante o il medico specialista di riferimento.

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“Diabulimia”, un disturbo poco notato ma diffuso tra i giovani diabetici

La diabulimia emerge come un disturbo del comportamento alimentare particolarmente insidioso e meno conosciuto rispetto ad altri, nonostante la sua significativa presenza tra i giovani affetti da diabete di tipo 1. La condizione, che vede una prevalenza tra il 30 e il 40% nei giovani diabetici e il 10% in quelli tra i 12 e i 19 anni, si caratterizza per la riduzione volontaria o l’omissione delle dosi di insulina necessarie per il controllo glicemico. A fare un focus sul problema è stata la Società italiana di diabetologia (Sid). Il comportamento trova le sue radici nelle insicurezze tipiche dell’adolescenza, che – in presenza di una malattia cronica come il diabete di tipo 1 – trovano un terreno fertile per manifestarsi. La problematica, tuttavia, non è limitata all’età adolescenziale ma può persistere o manifestarsi anche in età adulta, interessando anche il genere maschile. Un’analisi ha evidenziato che il 21% degli adulti con diabete di tipo 1 omette la terapia insulinica, mettendo a serio rischio la propria salute.

La salute a rischio: le conseguenze della non aderenza alla terapia

La mancata somministrazione dell’insulina comporta gravi rischi per la salute, tra cui l’alterazione dei valori di emoglobina glicata e il pericolo di episodi di chetoacidosi diabetica, che possono richiedere il ricovero ospedaliero. Le complicanze a lungo termine sono ancora più preoccupanti: il mancato controllo dei livelli di glucosio nel sangue può portare a iperglicemia cronica, chetoacidosi diabetica, complicanze cardiovascolari e renali, neuropatia e retinopatia. La professoressa Raffaella Buzzetti, presidente eletto Sid, ha acceso i riflettori sull’alta incidenza dei disturbi del comportamento alimentare in questa popolazione, con cause che spaziano dallo stress legato alla malattia alla gestione delle restrizioni alimentari, fino alle insicurezze legate all’immagine corporea.

Strumenti di diagnosi e l’importanza di un approccio multidisciplinare

Per l’identificazione dei disturbi del comportamento alimentare, si utilizzano questionari specifici, come il “modified eating disorder inventory” e il “diabetes eating problem survey”, che esplorano sia aspetti generali dei disturbi alimentari sia quelli specifici legati al diabete. La dottoressa Marilena Vitale evidenzia l’importanza di valutare il rischio di diabulimia in particolari categorie di pazienti, per poi attivare un supporto strutturato che coinvolga psicologi, dietisti e diabetologi. Tuttavia, pochi centri dispongono di una squadra multidisciplinare adeguata per affrontare efficacemente questo disturbo. Il consiglio del farmacista è fondamentale per fornire supporto e orientamento ai pazienti, ma non deve sostituire il consulto con il medico curante. In caso di persistenza dei sintomi o delle problematiche presentate, è essenziale contattare il proprio medico di base o lo specialista di riferimento.

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Alimentazione notturna e diabete: studi confermano il legame

Il 15 marzo 2024 si è celebrata la Giornata mondiale del sonno, occasione per riflettere sull’importanza di un riposo adeguato e sui suoi effetti sulla salute. Un’indagine pubblicata su Nutrition & Diabetes ha esaminato l’impatto dell’orario dei pasti sulla salute, analizzando i dati di oltre 40mila individui. La ricerca ha evidenziato una correlazione tra il consumo di cibo in tarda serata e un incremento del rischio di mortalità per diverse cause, incluso il diabete di tipo 2. Secondo Angelo Avogaro, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid), l’orario in cui si consumano i pasti riveste un ruolo centrale per la salute. In particolare, i lavoratori notturni e a turni – circa il 18% della forza lavoro in Italia – sono esposti a rischi maggiori a causa delle loro abitudini alimentari e dell’alterazione dei ritmi circadiani.

L’influenza dell’orologio biologico sul metabolismo

Il corpo umano è regolato da un orologio biologico situato nel cervello, che coordina le funzioni fisiologiche in base ai cicli di luce e oscurità. Il meccanismo è sensibile alla luce, sia naturale che artificiale, e viene influenzato da vari fattori, tra cui la produzione di melatonina, ormone che regola il sonno e altre funzioni metaboliche. Tuttavia, i cambiamenti nei ritmi di vita moderni, come l’uso prolungato di luce artificiale, possono interferire con questi ritmi naturali, portando a squilibri metabolici. In particolare, i lavoratori notturni mostrano alterazioni nei profili metabolici, con conseguenze negative sulla salute, come l’aumento dei trigliceridi e la riduzione del colesterolo Hdl.

Sonno ridotto e aumento del rischio di diabete

Un altro studio condotto dall’Università di Uppsala ha messo in luce il legame tra la durata del sonno e il rischio di sviluppare diabete di tipo 2. I risultati hanno mostrato che dormire cinque ore o meno per notte può aumentare significativamente il rischio di diabete, anche in presenza di una dieta equilibrata. Il rischio si accentua ulteriormente per coloro che dormono solo tre o quattro ore. La ricerca ha sottolineato dunque l’importanza di un sonno di qualità e di durata adeguata come fattore preventivo contro il diabete di tipo 2. È utile ricordare che le informazioni fornite in questo articolo sono a scopo informativo e non sostituiscono il parere del medico curante. In caso di persistenza dei sintomi o per ricevere una consulenza personalizzata, si raccomanda di contattare il proprio medico di base o lo specialista di riferimento. La consulenza del farmacista è un supporto utile ma non intende sostituire il consulto del medico o dello specialista.

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Giornata mondiale del sonno: dormire bene per una salute ottimale

Il sonno è una componente centrale per uno stato di salute ottimale. La Giornata mondiale del sonno, che cade il 15 marzo 2024, focalizza l’attenzione sulla corretta “igiene del sonno”, prendendo in considerazione la durata e la qualità del riposo notturno. Una problematica, spesso trascurata, è la qualità della respirazione durante il sonno: può influenzare il riposo e, di conseguenza, la salute generale. Disturbi come l’apnea notturna o il russamento cronico non sono semplici fastidi, ma possono essere indicatori di problemi più seri, che richiedono attenzione e, talvolta, interventi specifici.

Impatto della respirazione sul riposo notturno

La respirazione inadeguata durante il sonno può portare a risvegli frequenti e a un sonno frammentato, impedendo di raggiungere le fasi più profonde e riparatrici del ciclo del sonno. Ciò può tradursi in una sensazione di affaticamento al risveglio e in una ridotta capacità di concentrazione durante il giorno. La carenza di ossigeno causata da una respirazione non ottimale può avere effetti negativi su diversi sistemi dell’organismo come il sistema cardiovascolare e quello nervoso. Dunque, è essenziale non sottovalutare segnali quali difficoltà respiratorie notturne, pause respiratorie o eccessiva sonnolenza diurna, e cercare un parere medico qualificato.

Come migliorare la qualità del sonno

Per migliorare la qualità del sonno e assicurare una respirazione corretta è consigliabile mantenere un ambiente da letto confortevole e privo di allergeni può aiutare a ridurre le difficoltà respiratorie. Inoltre, evitare cibi pesanti o stimolanti prima di coricarsi può favorire un sonno più tranquillo. È utile anche seguire un regolare orario di riposo e limitare l’esposizione a schermi luminosi prima di andare a dormire. In presenza di disturbi respiratori notturni, dispositivi come le Continuous positive airway pressure (Cpap) o interventi chirurgici possono essere prescritti da specialisti per garantire un flusso d’aria adeguato durante il sonno. È utile osservare che le informazioni fornite in questo articolo sono a scopo informativo e non sostituiscono il parere del medico curante. In caso di persistenza dei sintomi o per ricevere una consulenza personalizzata, è fondamentale rivolgersi al proprio medico di base o allo specialista di riferimento. Il consiglio del farmacista è un valido supporto per la gestione quotidiana della salute, ma non deve essere considerato un sostituto della visita medica specialistica.

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Protezione dei bambini dall’inquinamento: i consigli dei pediatri

La situazione ambientale in diverse aree urbane italiane, con elevati livelli di inquinanti atmosferici, ha suscitato preoccupazione tra la popolazione, in particolare tra i genitori preoccupati per la salute dei propri figli. La Società italiana di pediatria (Sip), basandosi su studi scientifici, ha fornito indicazioni su come l’inquinamento influisca sulla salute dei bambini e su come sia possibile mitigare tali effetti attraverso comportamenti responsabili e sostenibili. La Sip ha sottolineato l’importanza di interventi a livello di politiche sanitarie pubbliche, ma ha messo in luce anche il ruolo che ogni individuo può svolgere nell’adozione di pratiche quotidiane che contribuiscano alla diminuzione dell’inquinamento atmosferico. Le azioni proteggono la salute dei più giovani e migliorano anche la qualità dell’aria per l’intera comunità.

Effetti dell’inquinamento su salute e sviluppo dei bambini

In tale direzione, la Commissione ambiente della Sip ha evidenziato come l’esposizione a sostanze nocive, come particolato fine e ossidi di azoto, sia particolarmente dannosa per i bambini che sono più esposti rispetto agli adulti a causa della loro fisiologia e delle abitudini comportamentali. I bambini respirano più aria in proporzione al loro peso corporeo e tendono a trascorrere più tempo all’aperto, aumentando così la loro vulnerabilità agli agenti inquinanti. Le ricerche hanno dimostrato che l’esposizione a tali sostanze può causare effetti acuti, come attacchi di asma e infezioni respiratorie, e cronici, contribuendo al declino della funzione respiratoria. L’esposizione prenatale e nei primi mesi di vita può avere conseguenze sullo sviluppo neurologico e cognitivo dei bambini, oltre a influenzare il peso alla nascita e la comparsa di anomalie congenite.

Strategie per salvaguardare i bambini e ridurre l’inquinamento

Per proteggere i bambini dall’esposizione a inquinanti atmosferici, è consigliabile limitare il tempo trascorso in zone ad alta densità di traffico, soprattutto con passeggini che posizionano i bambini all’altezza dei gas di scarico. È preferibile frequentare aree verdi e spazi aperti meno inquinati, soprattutto in momenti della giornata in cui la concentrazione di inquinanti è minore. Adottare modalità di trasporto ecologiche, come camminare, andare in bicicletta o utilizzare i mezzi pubblici, può ridurre significativamente l’impatto ambientale di una famiglia. È utile ricordare che le informazioni fornite in questo articolo sono destinate a supportare, non a sostituire, la relazione che esiste tra il paziente e il proprio medico curante. In caso di persistenza dei sintomi o di dubbi sulla salute, è essenziale consultare il proprio medico di base o lo specialista di riferimento. Le raccomandazioni del farmacista non intendono sostituire il parere medico professionale.