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Consumo di alcol e salute, studio britannico: «Soglie di rischio da rivedere»

Nel mese di maggio 2018 si è svolto presso l’Istituto Superiore di Sanità l’Alcohol Prevention Day (Apd), giornata nell’ambito del mese di prevenzione alcologica.
L’Alcohol Prevention Day è stata «l’occasione per discutere sulle tematiche alcol-correlate e sulle problematiche emergenti connesse al fenomeno dell’uso dannoso e rischioso di bevande alcoliche, al fine di favorire l’adozione di politiche e strategie sull’alcol eque, efficaci ed efficienti e di politiche di prevenzione e di controllo, di tutela della salute, di sicurezza, e soprattutto di protezione dei più deboli».
A distanza di qualche giorno sempre i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità hanno reso noto l’avvenuta pubblicazione di uno studio sulla rivista scientifica “The Lancet”.
Lo studio in oggetto ha avuto l’obiettivo di ragionare sulle cosiddette “soglie di rischio” del consumo di alcol, limiti al di sopra dei quali l’alcol è considerato nocivo per la salute.
Lo studio ha avuto come obiettivo l’individuazione una soglia di consumo di alcol, su base settimanale, associata al minor rischio di mortalità per cause dovute ad eventi cardiovascolari, oltre che di stabilire quali fossero le conseguenze sulla salute di 100 grammi di alcol a settimana.
E’ da chiarire che il valore di 100 grammi non si riferisce al volume in litri dell’alcolico bevuto, ma alla quantità di alcol in grammi contenuto in esso.
A titolo di esempio, un vino con gradazione alcolica del 12,5% ha 10 grammi di alcol per ogni 100 ml di liquido. Ne consegue che 100 grammi di alcol equivalgono all’incirca ad un litro di vino.
Questi valori percentuali variano a seconda dell’alcolico bevuto: alcolici a più alta gradazione contengono una quantità maggiore di alcol per litro di liquido.
In questo studio è stata evidenziata una stretta correlazione tra quantità di alcol assunto e mortalità, rendendo evidente che il rischio di mortalità si colloca ben al di sotto dei limiti attuali definiti dalle linee guida internazionali.
Nello studio è stato inoltre visto che il consumo di 100 grammi di alcol a settimana (pari ad 1 litro di vino con una gradazione al 12,5%), comporta, rispetto al non consumo, un aumento significativo del rischio di ictus, di malattia coronarica, di infarto acuto del miocardio, di scompenso cardiaco, di ipertensione arteriosa con esito fatale e di aneurisma.
I ricercatori hanno constatato che il consumo di alcol porta ad una riduzione dell’attesa di vita, a partire dai 40 anni, di 6 mesi in meno per chi consuma 100-200 grammi di alcol a settimana (circa 1-2 litri di vino), 1-2 anni in meno per chi consuma 200-350 grammi di alcol a settimana (circa 2-3,5 litri di vino) e, per chi supera i 350 grammi di alcol a settimana (più di 3,5 litri di vino), la riduzione dell’attesa di vita si attesta a 4-5 anni in meno rispetto a chi non consuma alcol.
Un altro dato significativo è quello che non esiste un limite minimo al di sotto del quale si annullano gli effetti dannosi sull’organismo dell’alcol. Proprio per questo i ricercatori hanno suggerito la necessità di rivedere i limiti massimi di consumo di alcol raccomandati dalle linee guida.

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Tumore colorettale, studio americano: «Prevenzione dovrebbe partire già dai 45 anni»

Le linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) prevedono che la ricerca di sangue occulto nelle feci, al fine di poter prevenire per tempo l’insorgenza del tumore del colon retto, debba essere effettuata dall’inizio dei 50 anni, con frequenza dei biennale, in accordo con le linee guida internazionali.
Nel mese di maggio 2018 l’American Cancer Society, una prominente organizzazione statunitense, ha raccomandato per la prima volta di portare l’età di riferimento dai 50, prevista dalle linee guida, ai 45 anni.
Le nuove linee guida estendono quindi la ricerca di sangue occulto nelle feci anche a coloro di età compresa tra i 45 e i 49 anni, a causa del fatto che il cancro colorettale è sempre più frequente anche nei giovani adulti.
Le linee guida, basate sull’evidenza, sono state pubblicate sulla rivista scientifica “A Cancer Journal for Clincians” e, sia chiaro, non intendono richiamare tutti a fare una colonoscopia, pratica di riferimento per lo screening del cancro al colon, bensì aumentare l’attenzione sulla problematica e far sì che un maggior numero di persone facciano lo screening.
Nel 2014, infatti, il 43% dei nuovi casi di cancro colorettale avuti negli adulti minori di 50 anni, si è verificata all’età tra 45 e 49 anni. Non solo. Molti report hanno dimostrato che vi è un aumento del cancro colorettale anche in giovani adulti tra i 20 e 30 anni. Probabilmente a causa del cambio degli stili di vita.

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Chiedi, Conosci, Cura: IEO invita le donne all’azione

L’Istituto Europeo di Oncologia aderisce all’Open Day della Ginecologia promosso da Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna, in occasione della Festa della Donna, attraverso gli ospedali del Network Bollini Rosa. “Chiedi, conosci, cura” è il titolo dell’incontro di gruppo proposto dall’Istituto per invitare le donne a dialogare e confrontarsi con le specialiste IEO sulle tematiche del benessere sessuale, della menopausa e sull’agopuntura come novità terapeutica. L’attenzione per l’8 marzo allo IEO non sarà dunque su uno specifico tumore, ma sull’insieme delle problematiche femminili che i tumori possono causare.
IEO rilancia così il messaggio del Women’s Cancer center: occorre prendersi cura della salute donna nella sua dimensione di persona e oltre il tempo dei trattamenti anticancro. «La gestione del proprio corpo, della propria femminilità e sessualità, il progetto eventuale di maternità, il reinserimento nella vita affettiva e sociale sono da considerare parte integrante delle cure – dichiara Raffaela di Pace, medico ginecologo responsabile dell’ambulatorio benessere donna – Oggi sappiamo che alcuni effetti collaterali dei trattamenti, come il dolore fisico oppure i problemi della sessualità, possono essere un ostacolo al raggiungimento del traguardo della guarigione. Per superarli, noi medici abbiamo bisogno che le donne siano parte attiva e non esitino ad affrontare con noi anche problemi che molte di loro considerano troppo intimi o addirittura “un male inevitabile”».
Da qui la scelta IEO di parlare all’Open Day dell’8 marzo di tre temi troppo spesso trascurati sia dai medici che dai pazienti: la sessualità, i disturbi della menopausa (spesso indotta dai trattamenti) e l’agopuntura come nuova terapia per alleviare il dolore e altri effetti collaterali invalidanti.
«La cultura del Women’s Cancer Center si sta comunque diffondendo. – conclude Di Pace –  Nel 2017 il Centro ha effettuato 450 visite negli ambulatori di Benessere, Nutrizione, Oncofertilità, Psiconcologia, Sessualità, Genetica e per il 2018 sono già 216 le prenotazioni».

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Praticare attività fisica negli adulti previene e cura molte malattie

«Prevenire è meglio che curare», diceva un vecchio proverbio latino e modo di dire dei prudenti, con la finalità che è preferibile prendere precauzioni in ogni situazione piuttosto che curare in un secondo momento il danno fatto.
Non quanto di più vero anche in ambito della salute: non ha senso infatti trascurare aspetti importanti della vita e poi, solo in secondo momento, dover correre ai ripari.
Sono molteplici i benefici di una vita fisicamente attiva, costituita da una discreta capacità di muoversi, al fine di migliorare sin da subito il proprio stato di salute e di prevenire o ritardare l’insorgenza di determinate patologie.
Secondo le ricercatrici dell’Istituto Superiore di Sanità, Valentina Minardi, Benedetta Contoli e Maria Masocco, «il contrasto alle malattie croniche non trasmissibili, che è al centro della strategia universale che da diversi anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e molti Paesi membri, comporta piani e programmi di prevenzione e di promozione della salute attraverso la promozione di una vita sana e attiva».
Sono evidenti i benefici del praticare attività fisica regolarmente, principalmente per la riduzione della mortalità dovuta a patologie cardiovascolari, nella popolazione generale, ma anche in persone che abbiano già all’attivo rischi coronarici, come anche nei cardiopatici.
«Essere attivi a un livello pari o superiore al minimo raccomandato di 150 minuti di camminata veloce alla settimana – dicono le ricercatrici dell’ISS – è risultato associato a un guadagno globale come aspettativa di vita di 3,4-4,5 anni».
I benefici di praticare attività fisica regolare possono essere riscontrati in tutti gli ambiti, come quello protettivo sullo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche, sul diabete mellito di tipo 2, ma anche alla riduzione della predisposizione a sovrappeso ed obesità.
Altri benefici riguardano la prevenzione dell’osteoporosi, soprattutto negli anziani e nelle donne in menopause, e l’ottimizzazione delle funzionalità osteomuscolari, compreso il miglioramento dell’equilibrio e della mobilità.
Non finisce qui. Praticare attività fisica, infatti, secondo le stime del World Cancer Research Fund, porterebbe all’aumento del consumo calorico e alla regolazione di un bilancio energetico troppo ricco, stato quest’ultimo che sembrerebbe avere un’incidenza negativa sul rischio oncologico complessivo.
Numerosi sono i vantaggi apportati dall’attività fisica anche sulla psiche e nelle relazioni sociali. Secondo le ricercatrici praticare attività fisica porta «all’incremento dell’autostima e della qualità della vita e una migliore immagine di sé, specie nel sesso femminile. I benefici psicologici dell’attività fisica sono osservabili in termini di prevenzione dei disturbi psichici, dall’ansia agli attacchi di panico, dalla depressione a varie dipendenze, dallo stress alla solitudine».

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L’uso serale di tablet e smartphone può disturbare il sonno

La lettura serale con un tablet o uno smartphone può interferire con un buon sonno notturno. E’ quanto da sempre riportato da molti studi e rapporti aneddotici, tuttavia, questa volta, i ricercatori hanno condotto un piccolo esperimento per confermare ulteriormente questa ipotesi.
Gli scienziati hanno coinvolto nove volontari facendoli dormire per dieci notti in un laboratorio appositamente predisposto. Per cinque notti consecutive hanno letto un tablet prima di andare a dormire, mentre, nelle successive cinque notti hanno letto un libro di carta stampata. In entrambi i casi hanno letto in una stanza scarsamente illuminata, fino a che erano pronti per prendere sonno.
L’esperimento, descritto sulla rivista scientifica Physiological Reports, ha scoperto che quando le persone usavano il tablet, al posto della carta stampata, sono andati a dormire più tardi. Non solo. E’ stato visto anche che, contestualmente all’uso del tablet, avevano ridotti livelli di melatonina, l’ormone che regola il sonno, ed anche una ritardata secrezione della stessa.
Anche il sonno in fase REM è risultato essere inferiore quando veniva usato il tablet al posto di materiale stampato.
I volontari hanno anche riferito di avere meno sonno la sera, prima di andare a dormire, e meno attenzione la mattina, al risveglio, dopo aver usato i dispositivi elettronici.
«L’utilizzo di questi dispositivi non fa bene», ha detto la co-autrice dello studio Jeanne Duffy, neuroscienziata. «Questi dispositivi hanno sicuramente effetti biologici su di noi. Possono essere negativi per gli adulti, ma ancora peggiori per i ragazzi e gli adolescenti che già di per sé non hanno abbastanza sonno».