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Acido urico, i rischi di valori alti nel sangue

Tra le analisi del sangue, il medico talvolta prescrive la misurazione dei valori di acido urico. Un eccesso di questa sostanza, infatti, può essere indice di una patologia in corso. Come spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss), «l’acido urico è il prodotto terminale di trasformazione delle purine, le molecole che costituiscono gli acidi nucleici (il Dna e l’Rna). Le purine (adenina e guanina) vengono prodotte per la maggior parte all’interno del corpo umano attraverso il rinnovamento cellulare, mentre una minima parte proviene da determinati alimenti introdotti con la dieta». Quando queste sostanze sono in eccesso l’organismo le elimina, sotto forma di acido urico, attraverso urine e feci. Talvolta, però, si verifica un accumulo di acido urico nel sangue, determinando l’iperuricemia.

Le cause dell’iperuricemia A provocare un’eccessiva concentrazione di acido urico nel sangue possono essere cause di diversa natura, derivanti da una sovraproduzione o da una difficoltà dell’organismo a eliminarlo correttamente. «Un aumento della concentrazione di acido urico nel sangue – sostiene l’Iss – può essere causato dalla sua sovrapproduzione nel corpo o da una diminuita capacità del rene di eliminarlo con le urine. Inoltre, la sovrapproduzione di acido urico può essere dovuta a un aumento della morte cellulare a seguito di chemioterapia e radioterapia o ad alterazioni genetiche presenti alla nascita che influenzano il metabolismo delle purine. È questo il caso di malattie metaboliche come la gotta, un’infiammazione che si verifica quando i cristalli derivati dall’acido urico si formano nel liquido che si trova nelle articolazioni. La diminuzione dell’eliminazione di acido urico può anche essere causata da una malattia renale cronica, da alcolismo o da preeclampsia durante la gravidanza».

Quando effettuare le analisi.

Verificare i valori di acido urico nel sangue è utile in caso di dolori articolari, se sono in corso trattamenti con chemioterapia o radioterapia, in presenza di calcoli renali ripetuti o a rischio di formazione e in gravidanza per valutare un’eventuale preeclampsia. Secondo l’Istituto superiore di sanità «un aumento della produzione di acido urico può verificarsi per base genetica e spesso è così al giorno d’oggi, mentre una volta era una problematica esclusivamente dello stile di vita e quindi di come ci si alimentava, ma ancora oggi può essere in parte attribuito e soprattutto aggravato dalla nostra alimentazione, per cui dobbiamo cercare anche di curare la dieta e il sovrappeso».

L’alimentazione per controllare l’acido urico.

Ci sono alimenti che favoriscono l’aumento di acido urico nel sangue. Sono quelli che contengono purine, come le proteine, soprattutto se di origine animale. È pertanto raccomandato ridurre il consumo di carni rosse, insaccati e pesce, in particolare molluschi, acciughe e alici. «Inoltre – aggiunge l’Istituto superiore di sanità – possiamo anche limitare l’eccesso di prodotti integrali che possono aumentare l’acido urico, naturalmente, quando la problematica dell’accumulo di acido urico può essere anche dovuta a cause renali. E quindi questo andrà indagato dal proprio medico».

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Ipertensione, prevenzione possibile controllando peso e consumo di sale

L’ipertensione arteriosa è un innalzamento dei valori della pressione sanguigna. Mantenere questi parametri elevati può arrecare danni a vari organi, come cuore, reni e cervello. È sempre quindi opportuno monitorare i propri livelli pressori, misurandoli regolarmente dal medico, in farmacia o a casa. L’insorgere dell’ipertensione può dipendere da fattori ereditari, ma spesso è lo stile di vita scorretto a favorirla. Secondo gli esperti della Società italiana dell’ipertensione arteriosa (Siia), obesità ed eccessivo consumo di sale sono due dei principali elementi che portano a un incremento della pressione, assieme ad altre abitudini scorrette. Intervenendo su questi e altri fattori è però possibile ridurre il rischio. «L’ipertensione arteriosa – spiega la Siia – origina dall’effetto variamente combinato di fattori genetici ereditari e di fattori ambientali, come lo stress, l’eccessiva introduzione di sale e l’obesità. Per tale motivo per prevenire l’ipertensione si dovrebbero, da un lato, identificare gli individui geneticamente predisposti, dall’altro, correggere i fattori ambientali».

Le buone abitudini che riducono il rischio.

Secondo la Siia, la maggioranza dei soggetti ipertesi non ha una predisposizione genetica, ma conduce uno stile di vita che favorisce l’aumento della pressione. «La maggior parte dei casi di ipertensione arteriosa è dovuta ad abitudini di vita non corrette – riporta la Società in un articolo -. Fin da giovani è consigliabile, quindi, mantenere la pressione arteriosa a livelli desiderabili e seguire alcune semplici regole di comportamento. Possiamo considerare che se un paziente smette di fumare, segue determinate indicazioni alimentari, così da tenere sotto controllo il proprio peso, e dedica un po’ del proprio tempo a un’attività fisica, sicuramente fa del bene alla propria salute». Il potere di un corretto stile di vita nel prevenire l’ipertensione è tale che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato una serie di linee guida spiegando cosa ognuno può fare per ridurre il rischio di diventare iperteso. Come prima indicazione viene consigliato un costante controllo del peso, dal momento che l’obesità è uno dei principali fattori di rischio. A questo scopo si consiglia di limitare il consumo eccessivo di grassi animali (che contengono colesterolo), mentre si raccomanda di seguire una dieta ricca di magnesio e potassio e povera di sale. Il sodio contribuisce infatti ad aumentare la pressione ed è bene ridurre anche cibi che ne contengono grandi quantità, come gli insaccati. Anche la liquirizia sembra essere in grado di alzare la pressione e va pertanto evitata. Ridurre gli alcolici, smettere di fumare, praticare attività fisica con regolarità e limitare lo stress, per quanto possibile, sono ulteriori raccomandazioni dell’Oms.

Con ereditarietà è bene un controllo più assiduo.

Vista la maggiore possibilità di sviluppare ipertensione in caso di familiarità, è raccomandato a chi ha genitori ipertesi di monitorare in modo regolare la propria pressione, così da cogliere tempestivamente eventuali rialzi che potrebbero diventare cronici. Spesso, infatti, l’ipertensione è asintomatica ed è frequente non percepirla. Solo la misurazione con gli appositi strumenti è quindi in grado di rilevarla. «Ad oggi, sono state già identificate alcune forme di ipertensione arteriosa su base genetica – afferma la Siia -, ma la loro prevalenza è bassissima nella popolazione e non giustifica uno screening genetico esteso. Sappiamo però da molto tempo che i figli di ipertesi hanno maggiore probabilità di sviluppare l’ipertensione rispetto ai figli dei normotesi. Per tale motivo, i figli degli ipertesi noti dovrebbero fare attenzione a mantenere uno stile di vita sano e dovrebbero qualche volta misurare la pressione arteriosa per riconoscere precocemente un suo aumento e per prevenire lo sviluppo dei danni a carico degli organi bersaglio dell’ipertensione (arterie, cuore, reni e cervello)».

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Farmacista territoriale, un professionista sanitario disponibile e competente

La presenza capillare delle farmacie sul territorio è un privilegio di cui non tutti i paesi del mondo godono. In un presidio farmaceutico sono presenti farmacisti laureati, costantemente aggiornati non solo sui medicinali, ma anche sulle principali tematiche di salute. Nell’ultimo decennio la farmacia si è evoluta per andare oltre la dispensazione e il consiglio sul farmaco, inserendo anche numerosi servizi sanitari di cui i cittadini possono usufruire per tenere monitorato il proprio stato di salute con l’assistenza del farmacista. Misurare la pressione arteriosa, la glicemia, effettuare l’autoanalisi delle urine, eseguire un holter pressorio o cardiaco e un elettrocardiogramma sono tutti accertamenti che oggi possono essere effettuati in modo sicuro e pratico in molte farmacie italiane. A questi, si sono aggiunti i servizi legati alla pandemia, come i test antigenici rapidi Covid-19 e i vaccini. Per poter offrire queste prestazioni, i farmacisti sono tenuti per legge a seguire corsi di abilitazione e aggiornamento, che ne garantiscono la competenza e la costante preparazione scientifica. È inoltre obbligatorio anche predisporre i locali della farmacia nei quali si eseguono gli esami in modo appropriato per assicurare al cittadino igiene, sicurezza e tutela della privacy.

Farmaci e consulenza.

Il farmacista è il professionista sanitario con la più approfondita conoscenza dei farmaci, dei loro componenti, dei lori effetti, interazioni e controindicazioni. È quindi buona norma consultare un farmacista ogniqualvolta si cerca un rimedio farmaceutico non prescritto direttamente dal medico, anche se si tratta di un medicinale che non richiede la ricetta. Lo stesso vale per integratori, parafarmaci e fitoterapici. Anche i cosiddetti rimedi naturali contengono principi attivi che possono avere effetti indesiderati o interagire con altri farmaci. Per questo è quanto mai opportuno consultarsi con un farmacista prima di acquistarli e assumerli. In caso di terapia prescritta dal medico, inoltre, il farmacista possiede adeguate competenze per fornire al paziente un’utile consulenza in caso di problematica riscontrate durante l’assunzione di un medicinale. Rivolgersi con fiducia a questo professionista aiuta a curarsi in modo corretto e controllato, evitando il fai da te. Occorre poi sottolineare che la farmacia è sempre aggiornata anche riguardo la disponibilità dei medicinali e le eventuali problematiche relative alle forniture e saprà quindi indicare al paziente cosa fare in caso di carenze di farmaci.

Esami e screening in farmacia.

Da quanto è stata autorizzata la Farmacia dei servizi, i presidi farmaceutici territoriali possono scegliere di inserire nella propria offerta anche una serie di prestazioni sanitarie, quali esami e test diagnostici di vario tipo. Questa possibilità offre ai cittadini grande flessibilità e praticità nell’esecuzione di alcuni accertamenti che prima potevano essere effettuati solo in ambulatorio o in ospedale, con le relative distanze e tempi di attesa. Come già detto, i farmacisti devono seguire corsi di abilitazione e aggiornamento per garantire un elevato livello di preparazione e devono predisporre adeguatamente i locali dove svolgere i servizi nel rispetto della sicurezza e della privacy del cittadino. Tra i servizi oggi disponibili, è possibile eseguire holter pressorio, holter cardiaco ed elettrocardiogramma, i cui esiti vengono inviati a un medico specialista che rinvia in farmacia il referto da consegnare al paziente. È inoltre possibile misurare la pressione arteriosa, la glicemia ed effettuare un’autoanalisi delle urine in pochi minuti. Per conoscere quali servizi sono attivi nella propria farmacia d’interesse, basta chiedere direttamente al farmacista che illustrerà le prestazioni attive.

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Forza muscolare, allenamento regolare per stare meglio oggi e domani

Quando si intraprende un’attività fisica, si possono scegliere sport o esercizi mirati a specifici risultati. Uno di questi è il miglioramento della forza muscolare. L’allenamento studiato per questa finalità è chiamato anche “di resistenza”, perché consiste nello svolgimento di esercizi che portano i muscoli a un’intensa contrazione provocata da una forza, in genere determinata da pesi, che oppone resistenza. Questa può anche essere generata dal corpo stesso, come avviene eseguendo flessioni, addominali o piegamenti sulle gambe (squat). L’allenamento di resistenza non migliora solo la forza dei muscoli ma anche la loro flessibilità. Se l’esercizio è regolare, si ottengono anche benefici cardiovascolari, come confermano gli esperti del manuale Msd: «In base alla modalità dell’esercizio, l’allenamento di forza può recare un beneficio lievemente inferiore ai fini della forma cardiovascolare, rispetto all’esercizio aerobico. Tuttavia, un’attività regolare, ad alta intensità, finalizzata ad allenare la forza può essere tanto favorevole quanto l’esercizio aerobico in termini di beneficio cardiovascolare». Un altro vantaggio che si può ottenere allenando la forza con costanza è la riduzione del peso. «A lungo termine – confermano gli esperti – l’aumento della massa muscolare aiuta a dimagrire e perdere grasso corporeo, perché il muscolo utilizza una maggiore quantità di calorie, anche a riposo, rispetto agli altri tipi di tessuto, in particolare quello lipidico».

Gli esercizi da eseguire.

L’allenamento per migliorare la forza muscolare prevede solitamente la ripetizione di vari esercizi volti a far lavorare muscoli o gruppi muscolari specifici. «In genere – spiegano gli esperti – si inizia dalle gambe, per poi allenare la parte superiore della schiena, il torace, le spalle e quindi le braccia. Di norma, esercizi particolari vengono eseguiti in serie. Ogni serie comprende 8-12 ripetizioni dell’esercizio, eseguito di continuo». L’allenamento di forza deve sempre prevedere adeguati tempi di recupero tra una seduta e l’altra e, a volte, può essere utile alternare anche le fasce muscolari da allenare. «La frequenza di allenamento è un fattore essenziale – si legge sul manuale Msd -. I muscoli cominciano a strapparsi quando sottoposti a sforzo intenso con una frequenza superiore a ogni due giorni. Il giorno dopo un carico di lavoro adeguato, sono presenti lesioni microscopiche e sanguinamento a carico delle fibre muscolari, che è probabilmente il motivo del dolore muscolare. Questo indolenzimento stimola i muscoli a ripararsi spontaneamente e ad aumentare di massa per adattarsi a un più elevato stato di funzionalità. Chi si allena deve assicurare alla muscolatura almeno 48 ore circa di riposo dopo l’esercizio. Dopo un allenamento molto intenso, un gruppo muscolare può richiedere parecchi giorni per recuperare completamente, e pertanto diventare più forte. Di conseguenza, nell’allenamento di forza, è solitamente meglio alternare i gruppi muscolari da allenare».

Benefici a lungo termine.

Una buona forza muscolare porta diversi benefici anche nel lungo periodo. Gli esperti sostengono infatti, che chi ha mantenuto nel tempo un buon livello di forza muscolare con esercizi adeguati, ha maggiori possibilità di invecchiare meglio. «Una maggiore massa muscolare significa anche una maggiore capacità funzionale negli anni successivi, che aiuta a rimanere indipendenti con l’avanzare dell’età. Negli anziani, in particolare nei soggetti fragili come gli ospiti delle case di cura, un aumento della massa muscolare migliora il recupero da patologie critiche fornendo all’organismo riserve di proteine necessarie per la guarigione».

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Dieta post-vacanze, le regole per un’alimentazione detox

Finite le feste natalizie, la gran parte delle persone si ritrova stanca e appesantita. Questo dipende in genere da tre fattori concomitanti, molto ricorrenti durante le festività invernali. Il primo è rappresentato dagli eccessi alimentari e alcolici, che in questo periodo dell’anno raggiungono l’apice. Fattore a cui si unisce la generale maggior sedentarietà di chi, in vacanza, dorme di più e passa molto più tempo a casa, non di rado proprio seduto a tavola tra pranzi e cenoni. Terzo fattore che influenza l’aumento di peso è la tipologia degli alimenti che si consumano tipicamente durante le ricorrenze natalizie, solitamente molto ricchi, conditi ed elaborati. Il risultato di una o più settimane con questo tenore alimentare, non compensato da una moderata attività fisica, è non solo qualche chilo di troppo, ma anche una sorta di apatia. Ciò accade perché l’organismo ha accumulato troppe tossine, per cui diviene importante depurarsi. Come dichiara la biologa nutrizionista Manuela Mapelli, che svolge la sua professione al Palazzo della salute Wellness Clinic, «Le tossine sono i rifiuti che si accumulano nell’organismo. Se diventano eccessive, si possono presentare segnali come stanchezza, difficoltà digestive, aumento di peso, gonfiore addominale associato a stipsi e ridotta capacità nel perdere peso».

Aiutare il fegato nella depurazione dell’organismo.

Come spiega la dottoressa Mapelli, è il fegato il principale organo deputato alla detossificazione di tossine e scorie. «Nonostante sia un organo caratterizzato dalla capacità di autoripararsi, a volte può succedere che la quantità di tossine risulti superiore alla normale possibilità di smaltimento. Questo può verificarsi, ad esempio, se si è abituati a un’alimentazione eccessiva e non equilibrata che va a sbilanciare le capacità detox del fegato e influisce negativamente sul metabolismo degli zuccheri e dei grassi». Per aiutare la funzionalità del fegato e la sua azione detossificante, è utile fare un periodo di dieta detossinante, che andrà a ripristinare l’equilibrio fisiologico. Una scelta saggia specie se l’eccesso alimentare e alcolico si è protratto per tutte le vacanze natalizie e si avverte pesantezza e difficoltà digestiva.

Quali alimenti scegliere.

La dieta detox non è un regime restrittivo, ma uno schema alimentare che va a selezionare prevalentemente ingredienti con funzione detossinante. La dottoressa Mapelli segnala tra questi l’importanza delle fibre, specie se solubili, come verdura, frutta, cereali integrali e legumi, e degli Omega 3, come pesce azzurro, frutta secca e semi oleosi. Da evitare invece le farine bianche, gli zuccheri semplici, i fritti, le carni grasse, gli insaccati e i formaggi stagionati. Per raggiungere un vero effetto detox è poi fondamentale idratarsi, bevendo almeno due litri di acqua o tisane, in quanto l’acqua veicola le tossine verso gli organi depuratori e ne favorisce l’eliminazione. È infine fondamentale praticare attività fisica con regolarità, così da smaltire i chili di troppo e beneficiare dell’effetto salutare del movimento.