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Broccoli e cavoli: alleati naturali contro ictus ed emboli

Un recente studio dell’Heart Research Institute in collaborazione con l’Università di Sydney in Australia evidenzia come i broccoli e i cavoli contengano sostanze chimiche utili a sciogliere gli emboli, cioè quei corpi estranei (coaguli di sangue anomali, grumi di grasso o di liquido amniotico, bolle d’aria, cristalli di colesterolo, ecc.) in grado di ostruire una vena o un’arteria e quindi di bloccarne il regolare flusso sanguigno. Ottima notizia per i pazienti con ictus, anche perché le caratteristiche chimiche di queste verdure migliorano l’efficacia dei farmaci fluidificanti.

Che cos’è un ictus e come si cura.

L’ictus si manifesta come un improvviso deficit neurologico localizzato della durata superiore alle 24 ore o dall’esito irreparabile (a differenza di un’ischemia cerebrale, i cui sintomi si rivelano in meno di 24 ore). L’ictus rappresenta la seconda causa di morte a livello globale e la terza nei Paesi avanzati (lo precedono malattie cardiovascolari e tumori). È altresì la prima causa di disabilità negli anziani e la seconda causa di demenza. Considerato incurabile fino a pochi anni fa, oggi i pazienti colpiti da ictus possono essere ricoverati in unità di terapia subintensiva specializzate che, insieme alla terapia trombolitica endovenosa e ad altri trattamenti, hanno mutato favorevolmente le prognosi per ictus. Tuttavia, con l’allungamento della vita media, l’ictus tende a manifestarsi sempre più spesso nei Paesi industrializzati, con oltre 8 nuovi casi ogni 1.000 abitanti over 65.

Benefici di broccoli e cavoli contro l’ictus.

Il responsabile del progetto di ricerca australiano, il Dott. Xuyu Liu dell’Università di Sydney, afferma che una dieta arricchita in particolar modo di broccoli e cavolini di Bruxelles può raddoppiare le probabilità di sbloccare le arterie da eventuali emboli, evitando così, almeno potenzialmente, l’insorgere di un ictus. I primi test pre-clinici dimostrano che i benefici apportati dall’assunzione di queste verdure potrebbero essere ampliati individuando le molecole che riducono il rischio di infarto e andando a potenziare l’efficacia dei farmaci fluidificanti attualmente in uso. I ricercatori hanno infatti rilevato una sostanza naturale presente nei broccoli, l’isothiocyanato, più efficace dei farmaci TPA (Attivatore Tissutale del Plasminogeno).

Obiettivi della ricerca scientifica: terapie e farmaci anti-emboli.

“L’obiettivo a lungo termine” afferma Liu “è quello di sviluppare nuove terapie che possano agire sulla formazione di emboli a livello molecolare”. L’ictus si verifica quando il flusso sanguigno diretto al cervello viene interrotto e le cellule non ricevono il giusto apporto di ossigeno e nutrimenti. Nella seconda fase del progetto i medicinali saranno oggetto di sperimentazione umana con l’obiettivo di produrre un farmaco da assumere per via orale e che associ le molecole più efficaci per il trattamento antitrombotico.

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Sauna dopo esercizio fisico per proteggere il cuore

Una sauna post ginnastica, jogging, palestra o qualsiasi altra attività fisica non soltanto aiuta a rilassarsi ma difende il cuore più dell’esercizio fisico stesso. A dimostrarlo è uno studio finlandese dell’università di Jyväskylä, pubblicato sull’American Journal of Physiology. I ricercatori hanno testato un campione di 47 persone, suddivise in due gruppi. Il primo gruppo faceva 50 minuti di esercizio fisico – di cui 20 minuti di esercizi di resistenza e 30 minuti di esercizi aerobici – per tre volte alla settimana. Il secondo gruppo seguiva lo stesso programma di attività fisica, con l’aggiunta di una successiva sessione di sauna di 15 minuti.

I benefici cardiorespiratori della sauna.

Dopo due mesi il team di ricercatori ha scoperto che l’inserimento di una seduta di sauna dopo aver praticato esercizio fisico incrementa i benefici cardiorespiratori apportati dal solo movimento e contribuisce a ridurre ulteriormente pressione arteriosa e livelli di colesterolo. Earric Lee, primo firmatario dello studio, afferma che “i risultati dello studio supportano l’uso regolare della sauna in aggiunta all’attività fisica e si mostrano promettenti soprattutto per coloro con minore capacità di esercizio fisico”.

Altri benefici della sauna.

Una sauna stimola il rilassamento fisico e mentale, favorisce il sonno notturno, riduce ansia e stress. Negli sportivi accelera il recupero muscolare e lo smaltimento dell’acido lattico. Lo sforzo muscolare, infatti, produce delle scorie a livello organico di cui si percepisce la presenza ogni volta che proviamo dolore muscolare dopo un allenamento o una qualsiasi attività fisica. In questi casi, fare una sauna aiuta a eliminare tali scorie, migliorando la circolazione e calmando il sistema nervoso centrale. Per di più, il calore della sauna distende muscoli e articolazioni, consentendone una rapida ripresa.

Sauna: quando non fa bene.

La pratica della sauna non apporta benefici a tutti, indistintamente. Chi fa una sauna dovrebbe godere innanzitutto di una buona salute generale: la perdita di liquidi e di sali minerali durante una seduta di sauna, per esempio, in alcune persone potrebbe produrre scompensi (anche gravi) all’organismo. Il calore della sauna ha effetti sulla vasodilatazione, quindi non è consigliata a chi soffre di pressione alta/bassa, di disturbi cardiaci o circolatori. Va certamente evitata in caso di epilessia, infezioni cutanee, febbre, infiammazioni locali o generali, varici, gravidanza, ciclo mestruale, età dello sviluppo.

La sauna fa dimagrire?.

Spesso si sente dire che la sauna o il bagno turco aiutino a dimagrire. Va detto invece che dopo aver fatto una sauna si avverte molta sete e, bevendo, si azzera l’effetto di smaltimento dei liquidi dovuto alla forte traspirazione. Dunque la sauna non agisce sulla perdita di peso ma semmai sul ricambio dei liquidi corporei e sul metabolismo cellulare.

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I cibi più sani fanno bene anche al pianeta

Gli alimenti più sani per la nostra nutrizione quotidiana lo sono anche per il benessere e la salvaguardia del pianeta. A dimostrarlo uno studio condotto su oltre 57 mila prodotti alimentari venduti in Irlanda e nel Regno Unito. Pubblicato l’8 agosto scorso sugli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti e ripreso da Nature, è tra i primi a stimare l’impatto di prodotti costituiti da più ingredienti e non solo da un singolo alimento. “Questi dati possono aiutare il consumatore a fare delle scelte più consapevoli in termini di capacità nutrizionali degli alimenti e loro sostenibilità”, ha commentato il coautore della ricerca Michael Clark, Università di Oxford.

L’industria alimentare e il peso nelle dinamiche del cambiamento climatico.

Una ricerca del 2020 ha rilevato che, anche se le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di combustibili fossili cessassero immediatamente, la produzione alimentare globale potrebbe annullare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 2°C rispetto ai livelli preindustriali. Per produrre carni rosse, ad esempio, si immettono nell’atmosfera molti più gas serra che per altri alimenti. Nel 2021 un’indagine del governo britannico ha rilevato che oltre la metà dei cittadini del Regno Unito desidera fare scelte alimentari più sostenibili. Tuttavia molti prodotti alimentari contengono svariati ingredienti e quindi può essere difficile capire l’impatto ambientale di un prodotto multi-ingrediente rispetto ad un altro.

Un algoritmo per stimare le quantità.

“Abbiamo informazioni sull’impatto ambientale di materie prime come grano e soia. Ma se stai entrando nel tuo negozio di alimentari locale, non stai solo acquistando grano”, afferma Clark. Il ricercatore e il suo team hanno così elaborato un algoritmo per stimare la quantità di ciascun ingrediente presente in migliaia di prodotti venduti nelle principali catene di supermercati del Regno Unito. Gli studiosi hanno quindi assegnato ai prodotti alimentari un punteggio di impatto ambientale su base 100 (di cui 100 è il peggiore), combinando gli impatti degli ingredienti in 100 grammi di ciascun prodotto. Hanno preso in considerazione diversi fattori, tra cui le emissioni di gas serra e l’uso del suolo.

Cibi e impatto ambientale.

Dati alla mano, i cibi preparati con carne di agnello e manzo, come le torte di carne già pronte, molto diffuse nei paesi anglofoni, hanno l’impatto ambientale più pesante. Gli alimenti dall’impatto più basso tendevano ad essere per lo più vegetali/privi di carni, per esempio cibi a base di pane, frutta, verdura, cereali, bevande. Facendo un confronto incrociato fra effetti negativi sull’ambientale e valori nutrizionali degli alimenti, i ricercatori hanno evidenziato che i cibi più sani erano anche i più sostenibili, ad eccezione delle noci e dei frutti di mare, dal buon punteggio nutrizionale ma dall’alto impatto ambientale. Semplificandoli e rendendoli accessibili a tutti, questi sistemi di classificazione alimentare possono aiutare il consumatore a fare scelte più consapevoli sia per la propria salute sia per quella del pianeta.

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Figlio celiaco: cosa c’è da sapere

La celiachia è una malattia autoimmune ereditaria provocata dall’ingestione di glutine che danneggia l’intestino tenue e altri sistemi organici. Può causare dolore addominale, diarrea, stitichezza e scarsa crescita nei bambini, i sintomi non gastrointestinali includono, fra gli altri, mal di testa, dolori articolari e affaticamento. Ad oggi, l’unico trattamento per la cura della celiachia consiste nel togliere dalla dieta grano, segale, orzo e tutti gli alimenti contenenti glutine. La celiachia è una sindrome complessa che può interessare l’apparato gastrointestinale ma non solo. È quindi importante fare attenzione a diversi aspetti e sintomi che potrebbero suonare come campanelli d’allarme della malattia: anemia, scarso accrescimento ponderale o pondero-staturale, afte ricorrenti, ipertransaminasemia, alterazioni dello smalto dentale, dolore addominale ricorrente, vomito, ritardo nello sviluppo puberale, perdita di capelli, più raramente, disturbi neurologici.

L’importanza del pediatra in caso di primi sintomi.

Nel caso di un bambino, è bene comunicare al proprio pediatra il manifestarsi di qualsiasi sintomo anomalo per poter diagnosticare la malattia o escluderla da un certo quadro sintomatologico. Esistono dei test specifici per la celiachia nei bambini? Per scoprire se un soggetto è affetto o meno dalla celiachia si procede con l’anamnesi dei sintomi riportati dal paziente, con analisi del sangue per individuare la presenza di specifici anticorpi, esami a cui possono aggiungersi un breath test, l’esame delle feci e, in ultimo, una biopsia duodenale (effettuata solo in determinati casi). Se già i primi esami risultano positivi, si effettua la diagnosi di celiachia, altrimenti, se sono negativi, si esclude la malattia. Tuttavia, nel caso di un bambino geneticamente predisposto, la malattia potrebbe manifestarsi in futuro. La predisposizione genetica alla malattia è una condizione necessaria ma non sufficiente alla comparsa della celiachia.

Le opinioni della comunità scientifica.

La comunità scientifica concorda che c’è sicuramente un altro fattore non ancora identificato, genetico o ambientale, che contribuisce a innescare il fenomeno patologico, oltre all’intolleranza al glutine. Rallentamento nella crescita, perdita di peso, restrizioni dietetiche, isolamento sociale, contraccolpi emotivi… Per questo è importante che il bambino sia seguito regolarmente dal pediatra curante per verificarne i miglioramenti, valutarne il processo di crescita, fare regolari analisi del sangue, analizzare i livelli di vitamine, monitorare possibili complicazioni della malattia. La consulenza di un dietista specializzato in piani nutrizionali per pazienti celiaci può essere un valido aiuto nella gestione di un bambino celiaco in famiglia. Un dietista può suggerire una dieta nutrizionalmente completa per il bambino, in cui prevalgano alimenti senza glutine presenti in natura (e non elaborati industrialmente).

L’alimentazione priva di glutine.

Può anche istruire i genitori su come leggere correttamente le etichette per scegliere i cibi più adatti alla dieta del figlio. Come si cura la celiachia nei bambini? Non esiste una cura ad hoc per la celiachia nei bambini. Quindi anche per un bambino celiaco l’unica alternativa alla malattia è un’alimentazione priva di glutine. I genitori devono imparare in quali cibi si trova il glutine, come frumento, orzo, farro, segale, kamut, spelta e triticale. L’avena non contiene glutine, ma ne è spesso contaminata. Viceversa, i cereali che non contengono glutine sono: riso, mais, miglio, quinoa, amaranto, grano saraceno, sorgo e teff. È fondamentale sapere quali alimenti si possono consumare in sicurezza e distinguere tra alimenti totalmente privi di glutine e altri che possono esserne contaminati. Molti cibi sono infatti naturalmente privi di glutine: carne, pesce, uova, formaggi, latte, legumi, cereali senza glutine in chicco, tuberi, verdure, frutta, frutta a guscio.

Dieta dei bambini celiaci.

La dieta dei bambini celiaci non è necessariamente restrittiva se i genitori saranno bene istruiti sulla scelta di alimenti naturalmente privi di glutine a cui si possono aggiungere quelli specifici per celiaci. In caso di compleanni, pranzi al ristorante o feste, il consiglio è di informare prima l’organizzatore o la struttura che ospiterà l’evento sulla presenza di un ospite celiaco (o più), così da creare per lui un menu personalizzato. La malattia celiaca non è più considerata tra le patologie rare e attualmente è riconosciuta nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) come malattia cronica invalidante. Pertanto, vi sono esenzioni per esami e specifici prodotti gluten-free forniti gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale. Da non dimenticare che una diagnosi precoce insieme a un regime alimentare corretto possono portare alla completa remissione dei sintomi della malattia.

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Influenza 2022-2023, le disposizioni Aifa sui vaccini antinfluenzali

La Determina AAM/PPA n. 652/2022 dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), pubblicata in Gazzetta Ufficiale, autorizza l’aggiornamento della composizione dei vaccini antinfluenzali, per la stagione 2022-2023, autorizzati secondo procedura di mutuo riconoscimento e decentrata. L’Agenzia riferisce che «sono inoltre autorizzati i vaccini influenzali approvati secondo la procedura registrativa centralizzata coordinata dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema)». La composizione di tutti i vaccini influenzali si attiene alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Ema.

Tempistiche della campagna vaccinale.

In base a quanto stabilito dalla circolare del ministero della Salute “Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2022-2023”, le campagne di vaccinazione antinfluenzale dovrebbero svolgersi a partire dalla metà di ottobre fino alla fine di dicembre, tenuto conto della situazione climatica e dell’andamento temporale mostrato dalle epidemie influenzali in Italia. Tuttavia, l’Aifa precisa che, «vista l’attuale situazione epidemiologica relativa alla circolazione di Sars-cov-2, il documento del ministero della Salute raccomanda di anticipare la conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale a partire dall’inizio di ottobre e offrire la vaccinazione ai soggetti eleggibili in qualsiasi momento della stagione influenzale, anche se si presentano in ritardo per la vaccinazione».

Ulteriori indicazioni.

L’Aifa ricorda che la protezione indotta dal vaccino comincia circa due settimane dopo la somministrazione e perdura per un periodo di sei/otto mesi per poi ridursi. Raccomanda, inoltre, di sottolineare alla popolazione l’importanza, quali strumenti preventivi, di mantenere una buona igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie, coprendo naso e bocca con un fazzoletto quando si tossisce e starnutisce e areando regolarmente le stanze in cui si soggiorna. L’Agenzia richiama infine l’attenzione sulla segnalazione di ogni eventuale reazione sospetta ai vaccini. «Le segnalazioni – evidenzia l’Agenzia – contribuiscono al monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio dei vaccini come di ogni altro medicinale. Si ricorda che gli operatori sanitari sono tenuti a segnalare qualsiasi sospetta reazione avversa osservata. È inoltre possibile effettuare una segnalazione spontanea secondo una delle modalità indicate nella sezione dedicata del portale Aifa».